di Arianna MICHETTONI (foto © Antonio FRAIOLI)

Le pagelle biancazzurre della vittoria di misura della Lazio contro il Cluj nell’andata dei play off di Conference League:




Maximiano – 6.5: Cede il titolo di espulso all’esordio, e trae grande giovamento dalla ritrovata leggerezza. Che rima con consapevolezza, anche: l’impressione, infatti, è che possa migliorare solo giocando. Un paradosso, data la titolarità inamovibile dell’altro portiere, ma un barlume di speranza: l’avanzamento nella competizione europea può portare tanto ad una parziale riabilitazione tecnica, quanto ad una (maggiore, mai totale) giustificazione del cartellino.
Lazzari – 6: Da principio complice dello scellerato cartellino rosso a Patric, recupera pian piano confidenza col terreno di gioco, trovando la dimensione ideale sulla fascia al termine del primo tempo (una crescita che coincide con il vantaggio biancazzurro). I movimenti sono giusti e, se seguiti dai compagni, anche ispirativi.
Casale – 6: Inizio faticoso, il suo più evidente dell’intero collettivo. Poi si fa carico dell’intera difesa, rendendosi esempio per Gila e fornendo il solito ordine difensivo. Certo l’avversario non è incontenibile, e tanto basta per gestire – con attenta sufficienza – la retroguardia laziale.
Patric – 5: Si dice che un battito d’ali di farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo: la sintesi dell’espulsione di Patric, anello di congiunzione tra l’incapacità arbitrale e la capacità di Krasniqi di dribblare quattro laziali. Lascia il campo dopo un quarto d’ora, mantenendo lo sguardo beffardo di chi è colpevole ma non troppo.
Hysaj – 6: Prestazione appesantita dall’ammonizione, che ne pregiudica – col monito di un arbitro particolarmente affezionato ai cartellini – la resa agonistica. In campo ha già dimostrato di saperci stare: merito indubbio di Mister Sarri e delle sue parole d’incoraggiamento – “non dì cazzate”, facilmente traducibili in una raccomandazione a non farle nemmeno. (dal 60’ Marusic, 6: Non fa fatica a tenere il lato sinistro, aumentando la caratura difensiva di una Lazio in campo con il 4-4-1.)
Milinkovic – 6.5: Quantità prima della qualità, soprattutto perché, palla al piede, ne ha tre addosso. Gli scarichi ai compagni sono però sempre visionari, e vengono ricambiati da tentativi generosi di portarlo al gol: un piatto servito che lui serve di piatto, e che è quindi – in entrambe le occasioni – facile presa di Scuffet. Non riesce a sbloccarsi in attacco, però poco importa: blocca il centrocampo della Lazio nella serata in cui c’è il solo Vecino a condividerlo.
Marcos Antonio – SV: C’è da bilanciare la scacchiera biancazzurra, mancante di una pedina mangiata dalla voracità dell’arbitro. Si sacrifica per la strategia di gioco, accettando di arroccare per consentire un rinforzo difensivo. Sfortunato per la poca visibilità. (Dal 17’ Gila, 6.5 – Ingresso concentrato e buon dialogo con i compagni, segno che l’affinità si costruisce prima di tutto da uno stato mentale. Non sbaglia i contrasti, non sbaglia le marcature e trova immediatamente la posizione sugli attaccanti romeni: più di un’alternativa a Patric.)
Vecino – 6.5: Ha movenze offensive molto più centrate e produttive, ma è manchevole di veduta larga e complessiva. Si adatta al meglio delle sue possibilità all’inferiorità numerica, alzando il ritmo quando necessario e garantendo la connessione tra centrocampo e attacco necessaria ad imporsi sul Cluj e a gestire il vantaggio.
Felipe Anderson – 7: Ridisegna le posizioni da coprire in campo per realizzare l’opera di completa utilità alla squadra. Non vi è nulla di individuale in lui: lotta e copre gli spazi, rientra e segue i movimenti dei compagni senza palla. È propositivo e si concede la battuta del calcio di punizione da cui nasce il vantaggio della Lazio. Costante nel rendimento e nel coinvolgere gli altri.
Immobile – 7: Segna il gol della liberazione e segna anche la linea che distingue il prima, fatto di una crisi condivisa con tutta la Lazio, e il dopo, la consapevolezza che neanche l’inferiorità numerica può indebolire una squadra dotata di pregi tecnici (a volte trasformati in difetti). Il tiro al volo è non solo una prodezza, ma anche la dimostrazione della lucidità ritrovata: puro istinto che guida la ragione, quella che un bomber non può mai perdere. (dal 61’ Cancellieri, 6: Si rivede in campo, a metà tra l’opportunità e il bisogno. La rigidità persiste, così come la complessità di un inserimento non accompagnato da un piano lungimirante e focalizzato. Insomma: per trovare tempi e spazi di gioco ha bisogno di tempi e spazi di campo; imprescindibili gli uni dagli altri, i primi ci sono e i secondi, con speranza, arriveranno.)
Zaccagni – 7.5: Il migliore in campo per dinamismo, vivacità ed efficacia di gioco. Scambia meravigliosamente con Milinkovic e Felipe Anderson, di cui conosce a memoria la posizione e gli inserimenti. Antepone le possibilità di movimento degli altri alle sue marcature, è il più offensivo e, quando sa del controllo della Lazio, tenta anche la personale conclusione. Imprescindibile nell’equilibrio tattico.
Sarri – 6.5: Non aveva alternative alla vittoria, soprattutto per uscire dal periodo di crisi da lui stesso descritto. Quali che siano le motivazioni di questa prestazione – che contano la valutazione critica dell’avversario – devono essere usate come punto di partenza e spunto di riflessione: una squadra che deve essere capace di incoraggiarsi (e che deve essere incoraggiata) anche quando la difficoltà equivale all’inferiorità numerica. Il cammino lungo è fatto da una serie di piccoli passi, iniziando da stasera.






LASCIA UN COMMENTO

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.