di Arianna MICHETTONI

Il girone di ritorno comincia con una vittoria per la Lazio che batte di misura il Lecce per 1-0 e aggancia momentaneamente la Fiorentina al quarto posto in classifica. Ecco i voti ai protagonisti della sfida decisa da un gol di Felipe Anderson nella ripresa.




Provedel 6,5 – Un voto quasi di circostanza, perché le statistiche della partita dimenticheranno di citare la sua prestazione. Restano comunque costanti la concentrazione e la guida del reparto difensivo, in una parola: resta constante la presenza, che pure nel recupero non abbandona i passetti fatti sulla linea della porta.

Marusic 6,5 – Buone le coperture difensive, soprattutto buona la fase propositiva facilitata da un avversario tutt’altro che incontenibile. Prova a far funzionare il centrocampo e ad avviare la manovra d’attacco scambiando con Guendozi e Isaksen, ma il giro palla non innesca l’ingranaggio Lazio. Unica pecca: troppo immobile quando l’azione si sposta sulla fascia opposta.

Patric SV – In campo mentre la dinamica della partita mescola il nulla con il niente. Un banale contrasto di gioco gli malconcia la spalla, costringendolo alla sostituzione (dal 23’ Romagnoli 6,5 – Per lui quasi una giornata di normale amministrazione,

Gila 6.5 – Titolarità al significato di scelta saggia: è il migliore della difesa, autore di buone chiusure. Presente a sé stesso anche quando l’obbligo della costruzione da basso si trasforma in problema e non in opportunità. Sul finale fa un’uscita palla al piede che tira su l’intero stadio, chiusura ideale di 94 minuti giocati meritando di essere confermato.

Pellegrini 6,5 – Imparerà a bilanciare fase offensiva e fase difensiva, ben vengano oggi le sue ripartenze sulla fascia e la voglia di buttare sé stesso, la palla e la squadra in avanti. (Dal 65’ Lazzari 6.5 – Più ordinato e bilanciato del compagno di cui prende il posto, riesce a garantire un secondo tempo di controllo della fascia.)

Guendouzi 6 – Solita grinta ma peggiore resa qualitativa. Partita raffazzonata su un campo evidentemente scivoloso, che sceglie con cura il peggior momento per far cadere tutti. Incolpevole del pessimo gioco dell’intera squadra, non esaurisce mai le proposizioni o la buona volontà. Un’intera partita spesa a dominare il centrocampo, almeno nell’intenzione se non nella riuscita.

Rovella 6.5 – Mantiene i suoi standard interdittivi recuperando palloni immediatamente giocabili – purtroppo, però, da nessuno. Ha una pulizia nei contrasti tale da non causare quasi mai fallo, una disciplina che porta beneficio quando il bisogno di tenere il pallino del gioco è totale.

Luis Alberto 6,5 – Un recupero forse forzato, che in ogni caso non produce nell’immediato l’effetto voluto o sperato. La mancanza di condizione si riflette spesso nella mancanza di visione, uno specchio che restituisce un’immagine a volte troppo statica e ferma per una squadra in cerca di dinamismo. Ma a lui basta scostarsi di poco dalla cornice per trovare nel quadro un Felipe Anderson lanciatissimo a rete, che serve con un microintervento chirurgico. L’assist decisivo gli vale quel mezzo punto in più (Dal 65’ Vecino 6,5 – Va in campo a vantaggio acquisito ed è tutto più semplice: la sua fisicità e la sua capacità di far girare palla garantiscono l’ambito successo. Generoso nell’aiutare Immobile in un’area leccese concitata.)

Isaksen 5.5 – In campo nel tempo brutto giocato dalla Lazio, il primo, che abbrutisce anche l’indole leggera e spregiudicata del suo gioco. Sbaglia tanto quanto sbagliano gli altri, ulteriormente penalizzato dalla scomoda posizione occupata in campo: ci si aspetta risolvi i problemi, non ne causi di ulteriori. (Dal 46’ Pedro 6 – Entra a partita brutta, con l’obbligo di tirar via dagli occhi di tutti i primi 45 minuti di noia e cattivi presagi. Ci riesce con la solita grinta, quella che fa dimenticare l’età anagrafica e fa aumentare il dispiacere di saperlo partente).

Felipe Anderson 6.5 – Il gol del vantaggio è un premio ad una partita mal giocata, ma adattata al ruolo di falso nove. Più e più volte invitato al tiro, dimentica il suo ruolo di bomber e lascia che la palla scivoli via, tra disinteresse e ultimi tocchi che hanno l’unica possibilità di non funzionare.

Zaccagni 6 – Gli si dovrebbe chiedere di agire scegliendo la giocata facile, soprattutto quando la partita è complicata. L’entropia generata da tacchi e tiri a giro aumenta la carica di tensione della partita, che non si spegne per proteste o per un risicatissimo vantaggio. (Dal 79’ Immobile 5.5 – Che sia il definitivo bentornato in campo, quasi obbligato dalle numerose assenze laziali. Poco coinvolto nella manovra, rovina tutto nel finale prendendosi un giallo che, da diffidato, compromette nel lungo il percorso di risalita della Lazio).

All. Sarri 7: Oneri prima, onori poi. Il merito di questa nuova Lazio, consapevole oggi della sua forza e forse anche dotata di una nuova identità è completamente suo. Ed è stato come riprendere qualcosa di solo momentaneamente posato, riposto ma non nascosto, pronto all’uso secondo il bisogno: lui sapeva che era lì, erano gli altri a non vederlo.






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