di Arianna MICHETTONI

Provedel – 5.5: Un buon portiere non si misura dalle reti non subite, ma dalle parate utili a mantenere inviolata la porta. Il buon Ivan – che resta, per distacco, uno dei migliori portieri della Serie A – fa l’unico errore che condanna la sua porta, la sua striscia di imbattibilità e la sua squadra: sembrava che ogni pallone prendibile fosse suo, tranne poi scoprirsi sprov…veduto sul tiro di Henry.

Lazzari – 6.5: Maestoso partecipante della scena d’azione Felipe Anderson-Zaccagni, ogni incursione si risolve in un grattacapo scaligero. Lo stato di grazia fisico si traduce in una dominanza della fascia, che percorre con velocità e impeto. Tenta l’imbeccata pure per Immobile ma, oltre il pregio del gesto tecnico, evidenzia anche i problemi di quei compagni che non riescono a reggere il suo ritmo.

Casale – 6: Reso forzatamente abile e arruolabile ed immediatamente inserito in una linea difensiva nuova, di cui ha perso i punti di riferimento. Non fa male, ma è lontano dalla condizione che lo ha reso titolare inamovibile e protagonista dei fasti difensivi biancazzurri. Qualche chiusura avrebbe potuto essere più perentoria, nonostante l’innegabile efficacia.

Gila – 6: Si scopre meno bloccato nella sua posizione, ma ogni avanzata verso il centrocampo causa una marcatura del Verona che scopre eccessivamente la difesa laziale. Quando è fermo al suo posto impedisce, invece, qualsiasi velleità di Ngonge e compagni.

Marusic – 5.5: L’inizio opaco è probabilmente da attribuire al colpo all’occhio che lo costringe al cambio. Minutaggio limitato, ma utile a mostrare una certa arguzia su fallo laterale che utilizza per servire Zaccagni in area. (dal 29’ Hysaj – 6: Non un brillante ingresso, c’è da dire anche troppo improvviso per essere ben ponderato. Pian piano acquisisce i tempi di gioco, pur mancando spesso l’intesa con Zaccagni. Viene a sua volta sostituito da Pellegrini, all’84’, cui assegniamo un “senza voto” politico, seppur l’ingresso in campo sia coinciso con una serie di cross sporchi e francamente ingiocabili).

Guendouzi – 7: L’uomo ovunque del centrocampo, colui che chiude qualsiasi manovra gialloblù e va in raddoppio per risolvere gli errori dei compagni. Ha una lettura del gioco così veloce da impedire (quasi sempre) alla palla di uscire o sprecare la sua traiettoria. Sembra pure avere energia inesauribile, perché continua a correre nonostante il dispendio di forze nei tagli di campo. Non sempre brillante, o pulito o bello nei movimenti, ma la sua ruvida efficacia è ciò che tiene vivo (se non alto) il ritmo biancazzurro. (Dall’84’ Vecino – SV: Ma un reintegro a lieto fine).

Rovella – 6: Assume il compito di smistar palla, prendendola o ricevendola dalla difesa e girandola a centrocampo. Gli manca l’osare in attacco, condizione probabilmente causata dalla ancora non perfetta conoscenza dei movimenti dei compagni – finisce col trovarsi, a volte, sulla linea d’azione di Luis Alberto. I suoi sono certamente punti di miglioramento, non punti deboli.

Luis Alberto – 6.5: Va di tacco e va di punta e, pur non beandosi delle luci della ribalta, il suo lavoro nascosto di sfiancamento avversario porta la libertà di manovra dei compagni. Ha imparato a seguire i movimenti del pallone attivamente; non aspetta più di essere servito, ma serve. Ciò lo porta ai margini dell’area di rigore del Verona, ma anche lì sta bene. Pure da fuori tenta, nei minuti finali, di trascinare la sua squadra alla vittoria – unico ad avere un po’ di animo.

Felipe Anderson – 6.5: Sprazzi di luce che filtra tra le crepe di una prestazione buona, non eccellente. L’assist per Zaccagni è l’elemento di rottura con un passato recente di fragilità psicofisica: gli fa ritrovare la voglia di agire sul campo per tutta la durata della partita, tra un errore e una virtù.

Immobile – 6: Indubbia generosità, mista però a una misura del campo totalmente persa. Incapace di tenere il pallone, si incarta in movimenti che favoriscono le chiusure avversarie e impediscono alla Lazio di trarre maggior vantaggio da situazioni offensive ben impostate. Luis Alberto è il suo miglior e maggior dialogatore, ma neppure lui riesce a risolvere questa balbuzie di gioco. (Dal 72’ Castellanos – 5.5: Continua a non far pesare la sua presenza sul campo, soprattutto oggi col dovere di portare la squadra alla necessaria vittoria.)

Zaccagni – 6.5: La speranza è che il ritorno al gol sblocchi in lui la consapevolezza di avere colpi tecnici di pregiata ed elevata fattura. Serve tutto l’aiuto possibile a tirar via (letteralmente) quella patina di ruggine che rende macchinoso il saltare l’avversario o il superarlo in velocità. (Dal 72’ Pedro – 5.5: La chiusura avversaria, tutta impegnata nella difesa del pareggio, ha vanificato qualsiasi suo sforzo di emergere. Vede impotente la Lazio sprecare una vittoria sul campo.

All.: Sarri – 6: La formazione al calcio d’’inizio è pure giusta, tra scelte obbligate e premi agli uomini in migliore condizione. Discutibile, invece, la gestione dei cambi (l’esempio è Hysaj, cui viene concesso un minutaggio di difficile spiegazione e connotazione). Questa è una Lazio che ormai subisce pure dalle ultime, trasformata da principessa a cenerentola in un’involuzione che nessuna pozione velenosa può realmente giustificare.

LASCIA UN COMMENTO

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.