di Arianna MICHETTONI

Le pagelle biancazzurre della fondamentale vittoria della Lazio contro il Sassuolo, che ha permesso agli uomini di Sarri di mantenere il secondo posto in classifica.




Provedel – 6.5: Un pieno riconoscimento alla sua tenuta difensiva. Sempre vigile, sempre in controllo, un atteggiamento sicuro trasmesso a tutta la squadra – soprattutto nell’unico intervento davvero decisivo, su Berardi, che è valso il premio supremo: un batti-cinque con Patric.

Lazzari – 6.5: Il Giano Bifronte della Lazio, ha una delle due facce sempre proiettata all’attacco e l’altra, nascosta, impegnata a creare scenari di egoismo che minimizzano l’efficacia della manovra biancazzurra. Due facce le ha pure il destino, meglio comunque non sfidarlo: sulla corsa Lazzari è imprendibile e la fascia l’ha vinta lui, come sua personalissima sfida lanciata al ritorno della titolarità.

Casale – 6.5: Solidità, eleganza stilistica e stabilità. Forse troppa, seppur le fasi di copertura siano fondamentali e magistralmente interpretate. È tuttavia ancora manchevole di quel pizzico di irriverenza tale da tentare una giocata che lo sposti, poco poco, dalla zona difensiva (o zona di comfort, probabilmente). Ma ai periodi ipotetici è meglio preferire l’indicativo fatto di ripartenze dal basso e chiusure impeccabili su Berardi & co.

Patric – 6.5: Nel duo schierato con Casale ha il ruolo del contraltare simpatico, scanzonato, che arrangiandosi trova la soluzione difensiva anche in un’area biancazzurra particolarmente affollata dai redivivi neroverdi. Casale lo cerca e lo trova, e viceversa: si garantiscono vicendevoli aiuti, un’intesa perfetta.

Marusic – 6: Un tiro strozzato e un ottimo impiego della stazza fisica: i pregi della sua prestazione, uniti ai duelli aerei vinti. Al solito, meno vistoso e più concreto: è il giocatore che non aggiunge numericamente all’attacco, ma alla diagonale difensiva. (Dal 67’ Hysaj – 6: In continuità con il sostituito, viene impiegato per garantire lo stesso approccio difensivo – ancor più quando un Sassuolo tignoso provoca una crisi isterica nei giocatori della Lazio.)

Vecino – 5.5: Sbaglia, sbaglia più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai sostituito per infortunio – con l’augurio di un pronto e pieno recupero. La prestazione di Vecino è forse la somma dei suoi errori, cui si aggiunge la doverosa critica dello “sbaglia chi fa”, a sottolineare che nei 43’ di gara ha tentato una produttività condivisa dai suoi compagni – soprattutto di reparto. (Dal 44’ Milinkovic – 5.5: Sufficienti i primi 44’, poi l’ingresso in campo – segnato da una grande presagio: l’assenza totale di riscaldamento preventivo, anche durante l’evidenza della necessità del cambio a Vecino. Così inizia e finisce l’ennesima partita stagionale, mentre, in parallelo, scorre un conto alla rovescia sulla sua permanenza. Che, da poco scontata, sta diventando poco augurata.)

Marcos Antonio – 7: Quasi una creatura mitologica, sicuramente un mostro-di-bravura immaginato e concretizzato da Sarri: creato da lunghe attese, nascosto dalla sfiducia e dal sospetto, plasmato dall’idea di un tocco al pallone per indirizzare l’intera squadra. La prima frazione di gioco è un prodigio sperimentale, tanto da far dubitare dell’eccessiva ricerca della perfezione di Sarri: forse Marcos Antonio avrebbe potuto giocare di più, e far fare meglio alla squadra. Sostituito perché fiaccato dall’intensità della sua prestazione: corsa a tutto campo e ritorni difensivi. Difficile, ora, rinunciare a lui. (Dal 72’ Basic – 7: Il lieto fine insperato e meritato: il suo gol è, con buona approssimazione, quello che consacrerà la Lazio ad una posizione di classifica sinonimo di miracolo. Pure il suo è un piccolo miracolo sportivo: tanto spesso si è cercata un’identità per lui, indefinita anche a causa di un minutaggio ridotto, che oggi può essere descritta come “la provvidenza”.)

Luis Alberto – 6.5: Detta le condizioni in campo, sparpaglia i suoi compagni e – da oggi – anche i suoi avversari. Disegna i suoi scenari colorandoli di no-look, perché lui intuisce – ancor prima di sapere – le posizioni di Zaccagni, Felipe Anderson e Immobile. Sprona il tifo, va a colloquio con Sarri per essere proprio certo della giustezza delle sue azioni, poi va a rassicurare anche Dionisi che sì, la sua Lazio – ora davvero sua – riuscirà a vincere contro il Sassuolo. Titolare inamovibile, mette tutto sé stesso al servizio della squadra, tentando anche di lanciarsi in velocità per fuggire al pressing a uomo.

Felipe Anderson – 7,5: Segna e realizza la sua migliore stagione in biancazzurro – dubbi fugati solo dalla certezza statistica. Riesce, soprattutto nel primo tempo, a creare spazi di inserimento per sé e per Ciro Immobile – con cui cerca una generosa intesa, per rilanciare il compagno da bomber e sé stesso da assist-man. Ruba la scena e anche gli avversari, portandosene via almeno due ad ogni azione offensiva.

Immobile – 6: La maglia 17 è la sintesi di uno sfortunatissimo Ciro, che ha però il merito di sbloccare un nuovo livello di paradossale: un gol annullato, poi convalidato, poi annullato. L’equivalente di un drappo rosso sventolato, un avvertimento a tutto ciò che lo circonda. Lui, provocato, se la prende con l’arbitro che gli concede una finta esultanza, con Marcos Antonio che sbaglia il passaggio filtrante, con la panchina che lo accoglie da sostituito. Preludio ad una prossima sfuriata. (Dal 67’ Pedro – 6.5: Ottimo ingresso, alla ricerca di una rottura della manovra neroverdi. Scelto per restituire vivacità all’attacco e per impensierire un Sassuolo in over-confidence, riesce non a caso a partecipare all’azione che porta al raddoppio.

Zaccagni – 7,5: Una doppia partita, giocata in parallelo: la prima, a subir la solita, esagerata, dose di falli che costringe Irrati a pensare e/o tirar fuori cartellini gialli a iosa; la seconda, di riflesso, a vedersi neutralizzato ad ogni pallone giocato. Quindi tenta il tiro da fuori, dandogli l’effetto che fa sussultare tutti i presenti. Perfetto l’assist finale per Basic.

All. Sarri – 7: Il più razionale, e quindi il più visionario, perché è una menzogna il non far coesistere due realtà opposte. Fa convivere un secondo posto con l’idea di una Champions non del tutto raggiungibile (solo perché non ancora matematicamente raggiunta); ancor più, fa convivere un’idea di squadra “corta” con l’opportunità di schierare dal primo minuto Marcos Antonio (un nome su tutti) e dare nuova vigoria al centrocampo. L’apice: la vittoria di oggi viene anche dai cambi.






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