di Arianna MICHETTONI (foto © Antonio FRAIOLI)

Un Olimpico delle grandi occasioni è pronto ad accogliere una sfida che, piaccia o meno, detterà le gerarchie della Serie A. La stessa Lazio di Genova – diversa, solo, nella maturità agonistica – sfida un Napoli in cerca di consacrazione. Entrambe puntano lì dove solo i migliori stanno: il vertice, destinato a chi della grandezza fa un obiettivo e non un vanto.
Non manie di grandezza ma voglia di grandezza, dunque: la stessa voglia che accompagna la Tribuna Tevere, cui va un plauso per aver reso gloria ad un prepartita emozionante, che porta la tifoseria laziale già a primeggiare, distaccata da qualsiasi risultato restituisca il campo.




Sarri sceglie la continuità, che tanto somiglia all’affiatamento: una squadra solida, fidata e a cui ci si affida, consapevole di poter schierare non solo interpreti di qualità ma dinamici, sicuramente orgogliosi e probabilmente arrabbiati per il pareggio-beffa capitato (come una sfortuna) contro la Sampdoria. Squadre aperte sul terreno di gioco, una sfida che si imposta sulla spavalderia e non sulla strategia di guerra: l’avversario non va sfiancato con una battaglia di logoramento ma di movimento. E di movimento ce n’è, sin da subito: la posa vincente ce l’ha Zaccagni, che al 4’ sfrutta un errore difensivo del Napoli per portare in vantaggio la Lazio.

Così il Napoli deve reinventare l’approccio alla gara, che si fa d’assalto mentre la Lazio contiene, bene, con il palleggio. Partenopei evanescenti nella prima parte di gara, gioco poco efficace e mal calibrato: tutto facile per i padroni di casa, che hanno, con il minimo sforzo, la massima resa. Cataldi ci prova sulla ribattuta di un calcio d’angolo, Felipe Anderson sbaglia – di un pochissimo percettibile – il tempo di un passaggio ad un Luis Alberto lanciatissimo. Manca il punto esclamativo ad un primo tempo arrivato al 31’ con zero tiri in porta del Napoli.

Arriva al 33’, calcia il baby-prodigio Kvaratskhelia – la parata di Provedel è provvidenziale. Ma è la miccia che accende il gioco del Napoli, trascinato dalla sua maglia 77: al 36’ un suo tiro si stampa su un palo che tremerà ancora a lungo. Un minuto dopo trova il pareggio sugli sviluppi di un calcio d’angolo: colpisce di testa Kim Min-Jae, Provedel prova a tirarla fuori ma i progressi tecnologici assegnano il gol al Napoli – quando Sozza riceve la notifica del pallone oltre la linea di porta.

Inversione di forza dal trentesimo in poi: Napoli arrembante, Lazio tramortita. Spalletti sembra aver imparato la trama di Sarri e la racconta ai suoi, mentre c’è una nuova narrativa della partita. Interrotta dal colpo di scena: Marusic e Lozano si colpiscono malamente, entrambi alla ricerca del pallone trovano, invece, l’uno la testa dell’altro. Il buon Adam stringe i denti e torna in campo con una vistosa bendatura, Lozano viene invece sostituito da Politano.

Due minuti di recupero che scorrono via veloci, senza ulteriori sussulti, consegnando agli spogliatoi due squadre in parità nel punteggio, ma non nella condizione – il Napoli sembra stare decisamente meglio della Lazio. Così riprende la partita: l’inizio della seconda frazione di gioco è un unicum che impensierisce i 40000 tifosi presenti allo stadio, spettatori tristi di un assedio Napoli. Lazio imbolata, salvata dall’unico reattivo dei suoi: Provedel, che tutto fa su Kvaratskhelia, Zielinski e Osimhen (che però, in totale solitudine, colpisce il palo).
Sarri corre ai ripari con un doppio cambio utile a far capire alla squadra che si sta davvero giocando: Pedro e Vecino prendono il posto di Zaccagni e Luis Alberto. Sostituzioni che non sortiscono però l’effetto sperato: è il 57’ e la Lazio è in trappola, chiusa tra centrocampo e difesa.

Era nell’aria, un senso di attesa che passava anche nel silenzio di uno stadio incapace di realizzare il tracollo laziale reso evidente dal raddoppio del Napoli al 61’ – ancora lui, sicuramente il più giovane talentuoso innesto della Serie A: Kvaratskhelia. Lazio colpevole e manchevole, isterica in una reazione che avrebbe premiato una fortuna non meritata se, al 64’, Rrhamani avesse mandato in porta su incursione di Felipe Anderson.
Ma l’inerzia della partita sembra subire un cambiamento quando, al 67’, l’arbitro nega un plateale rigore su Lazzari. La Curva si infiamma, c’è nervosismo in campo; una frustrazione che serpeggia per aver (de)meritato lo svantaggio quando si è completamente smesso di giocare.

Il risveglio della Lazio potrebbe essere tardivo, soprattutto per il possesso palla che il Napoli sa ben fare. Sarri ridisegna il centrocampo: al 75’ Basic rileva Cataldi, ma il minutaggio è irrilevante se il ticchettio della lancetta scandisce solo l’assenza mentale – prima ancora che fisica – biancazzurra. All’83’ è tempo di Cancellieri ed Hysaj, fuori Anderson e Lazzari. Nulla, però, può cambiare l’epilogo di questa partita, per la Lazio interrottasi dopo trenta minuti giocati. Doppio passo indietro, simile all’idea di gioco votata al retropassaggio biancazzurro: la Lazio grande non lo è ancora, lo diventerà cambiando testa, non gambe.

IL TABELLINO

SERIE A

LAZIO-NAPOLI 1-2

Marcatore: 4′ Zaccagni (L), 37′ Kim (N), 61′ Kvaratskhelia (N)

LAZIO (4-3-3): Provedel; Lazzari (83′ Hysaj), Patric, Romagnoli, Marusic; Milinkovic-Savic, Cataldi (75′ Basic), Luis Alberto (53′ Vecino), Felipe Anderson (83′ Cancellieri), Immobile, Zaccagni (53′ Pedro). A disp.: Luis Maximiano, Adamonis, Casale, Gila, Radu, Kamenovic, Marcos Antonio, Bertini, Romero. All.: Maurizio Sarri

NAPOLI (4-3-3): Meret; Di Lorenzo, Rrahamani, Kim, Mario Rui (90’+2′ Olivera); Anguissa, Lobotka (90’+2′ Ndombele), Zielinski (68′ Elmas); Lozano (45’+3′ Politano), Osimhen, Kvaratskhelia (68′ Raspadori). A disp.: Sirigu, Marfella, Juan Jesus, Ostigard, Zanoli, Zerbin, Simeone, Gaetano. All.: Luciano Spalletti

Arbitro: Simone Sozza (sez. Seregno)

Assistenti: Rocca – Vono

IV° ufficiale: Serra. V.A.R.: Fabbri. A.V.A.R.: Ranghetti

NOTE: Ammoniti: 66′ Milinkovic (L), 69′ Cataldi, 69′ Felipe Anderson (L), 81′ Spalletti (N), 90′ Sarri (L), 90’+4′ Marusic (L). Recupero: 2′ pt, 4′ st






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