di Claudio Chiarini

Il cosiddetto “contratto di Natale”, annumciato da Lotito come fosse un regalo sotto l’albero, era forse un bluff?
La promessa infatti sembrerebbe essersi dissolta come nebbia alla luce dei solari errori di mercato, sia estivo che invernale, e dei conseguenti flop sul campo: la Lazio è fuori dalla Coppa Italia, fuori dall’Europa League, fuori dalla lotta per la Champions League, invischiata con Roma, Atalanta e Fiorentina (le ultime due con una partita da recuperare) nella lotta per un posto nell’Europa di serie B e C.
Per finire l’umiliante sconfitta nel derby di ritorno, affrontato da favorita.
Pochissime delle promesse sussurrate a Sarri da Lotito sono state mantenute e il tecnico biancazzurro, arrivato forte dell’appellativo di Comandante, nei fatti è stato degradato a Sergente Maggiore e costretto a declamare la frase sottogerarchica: “il rancio è ottimo e abbondante, signor Generale” come recita Alberto Sordi ne “La grande guerra”.
La rosa della Lazio, al contrario, si sta rivelando né ottima né tantomeno abbondante, cosicché Sarri ha dovuto riporre la penna nel taschino in attesa di capire come evolverà la situazione.
E l’ex Comandante non è certo esente da colpe: possibile che dopo oltre metà stagione in biancazzurro non abbia ancora capito che non allena più in Premier, bensì in Italia, ma non alla guida di una squadra con la maglia a strisce…
Possibile che non si sia reso conto che per pensare di vincere con la Lazio occorre essere bravi il doppio, scaltri il triplo e cattivi il quadruplo, rispetto alle squadre privilegiate?
Possibile che non sapesse che l’ammonizione al diffidato Zaccagni nella gara prima del derby fosse scritta nel destino aVARo?
Possibile che non si sia accorto che più la Lazio viene data per favorita, più in realtà viene sfavorita dall’Olimpo del football?
Se no lo avesse ancora capito, allora occorre che abbandoni l’impronta naif che lo fa concentrare solo sulla tattica e invece si concentri anche sugli aspetti pratici della condizione di allenare la Lazio: lottare contro tutto e contro tutti!
In questo scenario che i laziali scafati conoscono bene, si innesta poi il problema mercato, che ormai è un rebus risolvibile solo con epurazioni.
In primis probabilmente andrebbe sostituito il direttore sportivo, poiché il rapporto e l’intesa Tare-Sarri non solo non sono mai decollati, ma si sono via via degradati sino a raggiungere i minimi termini.
D’altro canto anche due terzi della rosa andrebbero cambiati, soprattutto guardando al reparto portieri e a quello difensori: promossi solo Lazzari e l’intramontabile Radu, che però oramai va per i 37 anni.
Servono soprattutto due o tre giocatori di personalità, con gli attributi, dotati di cattiveria agonistica e voglia di vincere, la classica “cazzimma” di cui erano dotati, ad esempio, molti dei componenti della Banda Maestrelli e della Lazio stellare di Eriksson. Attributi di cui era dotato Paolo Di Canio, che nel mitico derby del 2005 condusse la sfavoritissima Lazio di Papadopulo ad uno splendido e imprevedibile trionfo.
Allora sì, con un paio di questi giocatori, Sarri potrebbe riprendere comando e gradi e lavorare seriamente ad un salto di qualità.
In mancanza di questo scatto da parte di Lotito, invece, appare inesorabile che ci ritroveremmo a salutare l’ex Comandante e a dover accogliere in panchina l’ennesimo allenatore aziendalista e l’ennesima rosa infarcita di bravi ragazzi con scarsi attributi. Ma non sarà che i giocatori con gli attributi non piacciano proprio alla dirigenza biancazzurra? Il caso Di Canio starebbe lì a dimostrarlo: durato solo due anni e poi costretto ad andarsene da Lotito quando invece sarebbe restare anche come uomo spogliatoio alla Ibrahimovic.

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