di Gian Luca MIGNOGNA

Non può essere, Russell Crowe si è permesso di dichiararsi pubblicamente laziale. Eh sì, davvero incredibile, proprio mentre il Pupone gli donava una maglia giallorossa atta a simboleggiare l’osmosi romanista tra i due più grandi “gladiatori” della storia contemporanea. Ma che maleducato, ma che ingrato, ma che ignaro!




Come si è potuto permettere costui? Ha osato auto-derubricarsi dal “Libro d’Oro” degli insigni tifosi della Roma, in cui l’alta diplomazia capitolina l’aveva generosamente, scientemente e sapientemente “registrato” per assicurargli gloria eterna, poteri divinatori e prodigi immaginifici. E dire che non si contano coloro che, ben più saggi e fedeli al “dictatum”, farebbero carte false e costruirebbero ponti di platino, vivi o meno che siano, pur di veder inciso il loro nome in quel testo sacro, che già oggi raccoglie centinaia, se non migliaia o fors’anche milioni di personaggi storici, premi Nobel, politici illuminati, artisti di fama mondiale ed illustri scienziati di ogni disciplina dello scibile umano. Tant’è! Il malcapitato dovrà farsene una ragione, non potrà convivere nell’Olimpo fideistico romanista, dove bontà loro, postumi o meno, già campeggiano radiosamente, gialli come er sole e rossi come er core loro, personaggi del calibro Trilussa, Anna Magnani, Gabriella Ferri, fino all’ultimo arrivato… Massimo Troisi! Napoletano? Macché, romanista fin dal suo concepimento!

Anni 80, tifosi VIP attendono l’arrivo di Falcao in ritiro a Riscone di Brunico (foto esclusiva © Laziostory-Archivio segreto Henry Kissinger)




Verità per verità, allora, è giunto il momento di rivelare quel che le “fonti”, sol che debitamente consultate, in fondo ci tramandavano saecula saeculorum. Ce lo narra Tito Livio nel suo “Ab Urbe Condita”, celeberrima opera letteraria scritta per raccontare ai posteri la Storia di Roma fin dalla sua fondazione. Nella decade dedicata a Giulio Cesare, l’esimio scrittore latino riporta una dichiarazione dell’imperatore romano, scevra da incertezza alcuna, grazie alla quale il “Libro d’Oro” finalmente potrà vantare un’acquisizione a 24 carati, tanto aurea e prestigiosa quanto insperata ed inoppugnabile. Trattasi del frutto di una confidenza raccolta da Giulio Cesare in una delle sue famose spedizioni in Egitto, fortunatamente riportata da Tito Livio nel suo capolavoro, durante la quale, vedendo la sua amata ammantata di giallorosso, chiese ed ottenne quel che egli stesso sperava proprio di sentire e che poi, con la consueta sicurezza, così divulgò in tutto l’impero: “Ebbene sí, Cleopatra è della Roma!”.

Proprio lei. Ammettiamolo. È un colpo davvero eccezionale, una vera e propria pietra miliare per il processo di romanistizzazione spazio/temporale del globo. Condita, Ab Urbe… (©)

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