di Giorgio BICOCCHI 

L’Udinese e’ uscita imbattuta in 13 delle 18 gare disputate. Ciò vuol dire che è difficile batterla perché squadra fisica, muscolare, compatta. Non sarà insomma un pomeriggio semplice quello che ci attende al “Friuli”. Vero, e’ uno di quegli stadi in cui la Lazio va a nozze (non vi perdiamo da dieci anni) ma meglio tenere gli occhi aperti, preparandosi a una vera battaglia. E per chi fa finta che sia un viaggio normale basta ricordare cosa è accaduto al Milan e al Bologna, entrambe battute dai friulani una volta esonerato Sottil ed essersi affidato allo scaltro Cioffi.




Giova anche ricordare che nei quattro precedenti di Sarri sulla nostra panchina abbiamo collezionato tre pareggi e una sola vittoria (lo scorso maggio su rigore…), a conferma che la tradizionale determinazione friulana ci ha spesso mandato in tilt.

C’è soprattutto una insidia da schivare: il centrocampo a 5, spesso anche a 6 quando ripiega Pereyra, dei bianconeri. Insomma, laddove le gare di decidono, ovvero in mezzo al campo, rischiamo di andare sovente in sofferenza perché in larga inferiorità numerica, aggrediti dai muscoli e dal furore dell’Udinese. Servirà una Lazio da combattimento che, con passaggi rapidi e in verticale, sappia ammortizzare senza traumi il pressing avversario lanciando i due esterni d’attacco. Ecco, proprio loro – a nostro giudizio – ovvero Isaksen e Zaccagni potrebbero rivelarsi, con le proverbiali fiammate, le nostre arme segrete. Potrebbero spaccare la gara, agendo di rimessa, colpendo al cuore la difesa avversaria che non brilla per solidità (28 reti subite in 18 gare).

Chiaro che sbancare il “Friuli” sarebbe come toccare il cielo come un dito. Non tanto per accendere l’attesa del derby di Coppa ma per dare un senso compiuto al girone di ritorno. Che inizierà all’ora di pranzo di domenica 14 contro il Lecce-tabù…






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