di Arianna MICHETTONI

Provedel – 6.5: È, potenzialmente, il migliore in campo: sempre reattivo sui colpi del Monza e, in particolare, provvidenziale nel primo tempo su Petagna. La porta inviolata è in gran parte suo merito, anche quando fa evidenti gesti contro la mania del controllo difensivo che complica il suo, di controllo.

Lazzari – 6: Non è un caso che la maggiore pericolosità offensiva del Monza venga prodotta sulle fasce. È la zona di campo dove la Lazio ha minore intensità, e a poco vale compensare tale mancanza con un grande dispendio energetico. Alla quantità è preferibile la qualità, oggi assente. (Dall’83’ Pellegrini – Senza voto, perché un numero non può tradurre la gioia di vederlo in campo.)

Casale – 6.5: Alle fatica difensiva si somma la scivolosità del campo, una combo che rende ogni intervento una sorpresa dai sospirati effetti. Grazie alla prestanza fisica regge le incursioni avversarie; l’intelligenza tecnica lo porta a spostarsi anche verso Lazzari, per chiudere la corsia preferenziale del Monza.

Romagnoli – 6.5: Al pari del suo compagno di reparto, fa tutto bene – soprattutto quando la partita si fa maggiormente fallosa e richiede maggior contenimento. A lui spetta l’ultima chiusura, a mostra dell’elegante diagonale che Sarri ha disegnato a sua immagine e somiglianza.

Hysaj – 6: Più in affanno, soprattutto in difficoltà nell’arginare il giovane Ciurria – un duello che l’ha visto sconfitto, se non sul campo, un po’ nell’onore. Pregio suo è l’aver trovato spazi di manovra anche nel pressing asfissiante dei brianzoli, tentativo inutile di fermare ciò che dai lati converge al centro.

Milinkovic-Savic – 6.5: È quel raggio di sole che filtra dalle nuvole, e che nessun cielo lattiginoso può fermare dallo splendere. Un po’ luce nel buio, un po’ interruttore della sua stessa oscurità, non trova la prestazione della svolta ma il gol dell’affermazione – quello che racconta che lui c’è e lotta insieme alla sua Lazio. Una punizione perfetta che risulta nel doppio vantaggio perfetto, arrivato – facile intuizione – al momento perfetto: mozza il respiro ai giocatori del Monza, agli spettatori tutti, e ingigantisce l’esultanza laziale.

Cataldi – 6: Ha trovato l’alternativa alla costruzione del gioco: se non puoi creare il tuo, distruggi quello degli altri. Così si pone nel centro del campo a rovinare, di tocco o di contrasto, le ripartenza del Monza. Gli riesce molto bene soprattutto a risultato non ancora acquisito, poi subentrano l’appagamento e la sostituzione. (Dal 71’ Vecino – 6: Aggiunge dinamismo per sopperire non solo alla mancanza di Cataldi, ma anche alla contemporanea uscita di Luis Alberto. Forte del doppio vantaggio, tiene bene le redini del centrocampo e dialoga con i tre di attacco biancazzurri.)

Luis Alberto – 7: Smanaccia ad ogni errore percepito, quello di cui nessuno si accorge se non la sua visione interna, quella che Sarri ha riparato. Pretende dagli altri la stessa sua cura, quasi maniacale dedizione, nel creare occasioni e momenti di rottura – reale o figurata. Nel primo tempo quasi ogni pericolo viene creato da lui, anche da tiri lontani che finiscono vicini alla porta difesa da Di Gregorio; ma la situazione pericolosa la subisce al momento del cambio. (Dal 71’ Basic – 6: Inserito con il chiaro dovere di copertura e abbondanza fisica, per azzerare qualsiasi velleità del Monza.)

Pedro – 7.5: Nei suoi gol c’è la potenza delle preghiere del popolo laziale, che invocano il suo nome oggi e per ogni giorno a venire. Lui non fa nulla per rendersi meno fondamentale: fugge agli avversari, corre più veloce di tutti, sovverte le leggi della gravità perché è l’unico a non scivolare. E autografa, in tredici minuti, la scenografia originale della partita. Una firma da ricalcare di pagina in pagina laziale. (Dal 65’ Immobile – 6: Per una standing ovation in uscita, una standing ovation in entrata. Oltre ogni staffetta di carriera, è bello vedere il ritorno in campo – un po’ troppo spesso citato – di Ciro Immobile: un ingresso fatto di movimenti scattanti e ricerca del pallone e del feeling offensivo, purtroppo limitati dalla retroguardia-tenaglia del Monza.)

Felipe Anderson – 7: Un lavoro totale il suo, illuminato dalla costanza e non premiato solo dal gol. Spostato sulla fascia dopo l’ingresso di Ciro Immobile segna la definitiva resa del Monza – decisione dell’avversario che sa di manifesta inferiorità nei valori del singolo e del collettivo. Novanta minuti dopo, è tra gli eroi di una scalata alla classifica che restituisce finalmente l’importanza di questa squadra.

Zaccagni – 7: C’è chi vorrebbe concretizzare l’adagio per cui “se non puoi batterli, unisciti a loro”. Purtroppo Zaccagni corre da solo, e allora i tentativi si spostano sul maggior numero di falli subiti – sforzo inutile, perché anche sullo 0-2 continua a creare azioni offensive.

All. Sarri 8 – È la sua creatura, crescita ed educata di allenamento in allenamento, senza l’affanno di una crescita forzata e con gli obiettivi interiorizzati, quelli che non hanno bisogno di proclami. Meglio fare e non dire, che dire e non fare – meglio, ancora, lasciarlo fare.

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