di Arianna MICHETTONI

Uno potrebbe pensare che un’Atalanta in emergenza diminuisca il suo potenziale cambiando le sorti e l’interpretazione della partita, e invece. È tutto qui: in quell’invece. Invece l’Atalanta scende in campo focalizzata, dinamica, compatta – e fallosa. Pressa a tutto campo ed impedisce il gioco della Lazio (forse l’intento più facile).

Colpevole anche l’atteggiamento biancazzurro, tra il depotenziato, l’inefficace e il sommariamente distratto.

La cura Sarri guarisce a tratti uno stato d’animo che sembra compromesso da una promessa di bel gioco non ancora mantenuta, come placebo per una malattia il cui trattamento è solo in fase sperimentale e non ancora applicabile.

Strakosha – 6: lo abbiam visito al 36’ fare stretching al limite dell’area: un aneddoto che racconta il suo poco, ma preciso, impiego – concentrato soprattutto nel secondo tempo.

Hysaj – 6.5: la fase di copertura non gli dà tanta gloria quanto i movimenti propositivi sulla fascia, a cercare una complicità con Felipe Anderson che, suo malgrado, non trova. Fa bene quel che fa, mostrando di tenere alla correttezza delle sue azioni. (Dal 69’ Lazzari – 6.5: il suo ingresso non cambia la dinamica o il peso tra difesa e attacco, ma tiene in costante apprensione gli esterni bergamaschi).

Luiz Felipe – 6.5: è in assoluto il leader difensivo della Lazio, considerazione che lascerà ai posteri l’ardua sentenza. Ha ottime letture difensive e capaci movimenti a neutralizzare l’attacco altrui, tanto nella sua porzione di campo di competenza quanto avanzando fino a centrocampo, a supporto dei suoi compagni.

Patric – 6: “con Luiz Felipe affianco non c’ho paura di niente”, o pressapoco: contiene bene le offensive di Piccoli e compagni, non facendo rimpiangere la sua titolarità (forse esageratamente maltrattata).

Marusic – 6.5: da ammirare la sua intelligenza tattica, dimostrata nel seguire la linea difensiva spostandosi a pressare Piccoli. Ma il meglio lo dà proiettandosi lui stesso in attacco, col suo piede ben educato sia nel cross che nel tiro. Sarri lo premia tenendolo in campo a seguire da protagonista le fasi salienti della partita.

Milinkovic – 6.5: solita partita totale e totalizzante: puoi trovarlo anche in difesa a rafforzare la resistenza laziale, dedicandosi completamente alla maglia che indossa. Poi il dialogo con Ciro Immobile e la supremazia a centrocampo: prova a spingere la squadra in avanti, ma l’Atalanta chiude bene gli spazi.

Leiva – 5.5: iniziato ormai il conto alla rovescia con la maglia della Lazio, ricorda soprattutto il calciatore che era, giocando di filtro e solidità. Pur in modalità risparmio energetico non si macchia di colpe o errori – qualche sbavatura c’è, ma da peccato veniale. Il suo aiuto concreto alla squadra è la resistenza che mostra in campo per 90 minuti, obbligato anche dall’assenza di cambi proponibili.

Luis Alberto – 6: si arrabbia tantissimo, strano sarebbe il contrario. Ha la mimica inconfondibile di chi si impegna che è un po’ il contrario dell’ “è intelligente ma non si applica”. Perché si applica, forse però perdendo l’intelligenza di alzare la palla per scavalcare il fortino difensivo atalantino – lo fa una sola volta, con un tiro sfortunato che finisce poco sopra l’incrocio dei pali. (Dal 79’ Basic – SV: ma con menzione di merito al suo voler tirare la palla in rete, quasi un desiderio di annullare una maledizione.)

Anderson – 5: fastidioso negli errori di evidente distrazione, non sa cosa sia l’essere presente a se stesso. La sterilità offensiva è, se non una sua massima colpa, un suo grandissimo demerito. A volte è irritante, sembra un eterno incompiuto. Pur non volendo evidentemente stare in campo, Sarri lo trattiene per l’intera gara e questo è un vero motivo di analisi.

Immobile – 5.5: annullato completamente dal muro bergamasco, che nel corso della partita si è evoluto in un efficace “catenaccio”. Non in gara soprattutto perché non viene servito, lui non riesce a trovare i suoi spazi e a performare i suoi movimenti. Incolpevole perché annullato.

Zaccagni – 6,5: parola d’ordine atalantina: colpire duro su Mattia. Ed è invece encomiabile la sua ripresa lampo, l’esuberanza fisica che dimostra la sua voglia di esserci e aiutare la squadra. Per quanto il palo preso sia il più banale dei destini intrecciati, nulla può anche lui con i meriti difensivi dello schieramento avversario, limite invalicabile oggi di tutto il gioco biancazzurro.

Sarri – 5.5: non è la sua Lazio, non la rende sua rinunciando pure ai cambi. Forse per evidenziare i limiti evidenti di formazione, forse perché pure lui confuso dalle caratteristiche dei suoi ragazzi. Le aspettative, però, puntano tutte su di lui.

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