Felice Pulici è intervenuto sugli 88.100 di Elle Radio nella trasmissione Laziali On Air, condotta da Danilo Galdino e Fabio Belli.




Sulla chiusura della Curva Nord:Purtroppo siamo ricascati in una situazione di difficoltà, una questione che non poteva essere ignorata dal Giudice Sportivo, visto che sulla tifoseria della Lazio pendeva una diffida di un anno. C’è una cosa fondamentale che deve essere evidenziata: la società deve agire in maniera diversa e avere un rapporto ancor più profondo con la tifoseria. Magari mettendo elementi stessi della tifoseria a disposizione della società, magari utilizzandoli per gestire e controllare la situazione. Dobbiamo crescere sotto questo profilo, non si può giocare a porte chiuse: se i “buu” sono proibiti, bisogna smetterla radicalmente pensando al danno che si arreca anche agli altri abbonati che non possono nemmeno comprare il biglietto per altri settori. Io ricordo come abbiamo vinto una Coppa delle Coppe a Birmingham con 10.000 laziali al seguito, senza barriere e con un comportamento che venne elogiato anche dall’UEFA: Ormai è notorio che i “buu” causano enormi penalizzazioni, è impossibile non comprenderlo: è la società che deve anche intervenire, non è una critica ma il club deve dare la dimostrazione di saper gestire la comunicazione con la tifoseria, un patto per gestire al meglio il tutto ed evitare altre sanzioni. I megafoni e l’amplificazione possono essere una buona misura per gestire le cose al meglio in Curva Nord.




Passando alle cose di campo, un giudizio da ex portiere su Thomas Strakosha:Anche l’anno scorso questo ragazzo è entrato facendo subito bene, forse ha sbagliato qualcosa all’inizio per paura, poi è diventato sempre più padrone della posizione e del ruolo, e sta migliorando esponenzialmente. Credo potrebbe giovarsi della presenza di un elemento esperto come Marchetti. Il rapporto fra portieri è fondamentale all’interno della stessa squadra: con Moriggi, che pure con me non giocò mai, avevo un rapporto di confronto continuo anche nello studio degli avversari. Avere un punto di riferimento interno è fondamentale per un portiere.




In molti stanno paragonando Simone Inzaghi a Maestrelli: c’è qualche similitudine tra i due?E’ ancora presto per poterlo dire, anche se Maestrelli per noi era come un padre, Inzaghi sembra quasi un compagno di squadra. Quando arrivavi al campo Maestrelli ti chiamava e se sentiva che c’era qualcosa che non andava diceva: “Che è successo?”. Inzaghi è più un fratello dei giocatori: sta sicuramente facendo una grandissima esperienza a contatto con i giocatori. Quando giocavo non ho mai dedicato una partita ai miei familiari o a mia moglie: ho disputato la mia migliore partita di sempre in un derby, che vincemmo con un gol di Giordano. Mi accorsi che non ero io a giocare quella partita, ma un’altra persona: quella fu l’unica volta che feci una dedica, dedicando la partita a Maestrelli che non stava bene e che, solo quattro giorni dopo, morì.






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