di Giorgio BICOCCHI

Chissà se gli echi della sua prima, grande notte all’Olimpico (un assist, due gol) abbiano varcato l’Oceano arrivando in Uruguay dove, alla fine di luglio, Matias Vecino si allenava nel centro federale della “Celeste”…
In patria Vecino è una sorta di istituzione: certo, non al pari di Suarez, Cavani e del “Doctor Tabarez”, ma comunque a ruota.




Eccola, allora, la vetrina per uno degli ingaggi più preziosi, a livello di fosforo, per la nuova Lazio. Perché Vecino copre, corre, imposta. Da applausi il suo esterno destro che ha lanciato Luis Alberto verso la prima rete biancazzurra contro il Feyenoord. E poi continui inserimenti, quelle corse apparentemente verso l’infinito in cui però – per due volte – ha avuto la bravura di restare lucido, segnando due reti di precisione. Mica poco per un centrocampista-incursore come lui.

Arrivato all’inizio di agosto a Formello ha avuto un mese per (ri)abituarsi ai dettami di Sarri (già avuto ad Empoli) e per la lavorare sul fisico. Ed eccolo, tirato di nuovo a puntino, il suo repertorio: presente in campo, puntuale nelle incursioni offensivo, lesto di testa. Uno che probabilmente a breve si prenderà per sempre il posto da titolare.

Poco importa che – in trance agonistica dopo la doppietta realizzata – abbia steso un avversario provocando il rigore dell’1 a 4. Vecino, contro il Feyenoord, si è preso definitivamente la Lazio, seppure dopo un solo mese di militanza.

E in Uruguay, il piccolo paese sudamericano dove tutti, almeno una volta, hanno giocato una partita vera di calcio, avranno certamente esultato. Perché Vecino è e resta uno dei vanti di Asuncion e dintorni…






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