di Fabio BELLI

Il colloquio più strano della sua lunga carriera Domenico “Mimmo” Caso l’ha affrontato senz’altro con un giovane calciatore in una giornata di settembre, illuminata dal classico sole romano del periodo. Caso, eroe della pugnace Lazio dei “-9” salvatasi dalla Serie B e dal fallimento negli spareggi del 1987 e amata dai tifosi biancazzurri come una squadra da Scudetto, si stava affermando in quegli anni come tecnico delle giovanili.




Alla guida della Primavera aprirà un ciclo che porterà al titolo Nazionale, vinto nel 1995 nella finalissima dell’Olimpico, davanti a 40.000 spettatori contro il Perugia, grazie a una punizione di Alessandro Iannuzzi. E’ la squadra con Alessandro Nesta e Marco Di Vaio, Flavio Roma in porta e Daniele Franceschini a centrocampo. Ma questo è l’apice di un cammino che in quel settembre del 1992 era ancora agli inizi. In quel momento Caso è ancora all’alba della sua esperienza da tecnico e chi gli sta di fronte è uno dei giovani calciatori più promettenti del suo gruppo, che in quella stagione perderà la finale Scudetto contro l’Atalanta di Cesare Prandelli e del compianto Federico Pisani.

Caso sta affrontando questo colloquio con un giovane di grande talento, che Dino Zoff ha già portato in ritiro in Austra, a Seefeld, e che proprio con la prima squadra ha iniziato a prendere confidenza con il calcio dei grandi, scendendo anche in campo nell’amichevole contro i dilettanti locali dello Schongau. Il talento in questione è un elegante ragionatore di centrocampo all’occorrenza schierabile anche nel ruolo di libero: alla vigilia dell’esplosione della Lazio cragnottiana guidata dai gol di Beppe Signori, ai tempi il paragone naturale è con Lionello Manfredonia, così come ogni promettente attaccante ai tempi veniva accostato a Bruno Giordano. Carlo Regalia l’aveva portato delle giovanili dei toscani del Camaiore, dove aveva anche esordito nella Nazionale Under 18, a Roma con grandi speranze.

Il ragazzo si chiama Victor Claudio Vallerini, classe 1973, e sta comunicando all’allenatore della Primavera, Mimmo Caso, e all’allora responsabile del settore giovanile della Lazio Beppe Dossena la sua decisione: “Devo comunicarvi che ho deciso di lasciare il calcio per entrare in seminario. So di darvi un dispiacere a livello professionale, ci ho pensato a lungo parlandone con la mia famiglia e ho capito che il mio futuro non è su un campo da calcio ma in parrocchia o in una missione”. Vallerini non vuole cambiare maglia, ma abito: diventare prete e seguire il richiamo di una vocazione più forte della promessa dei guadagni e dell’importante carriera che sembrava in quel momento avere di fronte nel mondo del calcio, come Caso e Dossena provano a ricordagli.




Nulla da fare, la decisione era già presa e poco tempo dopo Vallerini era già in seminario sotto la guida di Don Giampiero Pollastrini. Una vicenda che all’epoca fece clamore anche e soprattutto a Camaiore, la cittadina paterna dalla quale Victor Claudio proveniva pur essendo nato in Brasile, paese natale della madre. Ma la vocazione religiosa l’aveva ereditata dal papà, Alessandro, partito dalla toscana per il brasile proprio con vocazione missionaria lavorando negli ospedali per la cura dei lebbrosi negli anni 70 e che l’aveva lasciato libero di decidere senza fare pressioni. Col tempo i riflettori si spensero, rispettando la decisione e la privacy del ragazzo che aveva di fatto lasciato il mondo del calcio dopo un ritiro passato al fianco di campioni come Signori, Riedle, Thomas Doll, Paul Gascoigne, Luca Marchegiani, Aaron Winter e diversi altri che facevano parte di quella Lazio.

10 anni dopo però, intorno al 2002, un nuovo colpo di scena: si torna a parlare di Vallerini sui campi di calcio, a 29 anni è di nuovo sulla scena nell’Eccellenza toscana con la maglia di casa, quella del Camaiore. Fu lo stesso Vallerini a spiegare la situazione in un’intervista alla Gazzetta dello Sport: “Ho lasciato la Chiesa per motivi di coscienza personale ma non è stato facile e ad ogni modo non rinnego nulla: ero convintissimo del passo che stavo compiendo così come lo sono ora”. Lasciato l’abito talare, Vallerini è rimasto a Camaiore con la sua famiglia, tornando però spesso in Brasile, dove si trovava quando il quotidiano “Corriere Laziale” provò a contattarlo nel dicembre del 2009. Si è sposato, ha avuto una splendida bambina e ha insegnato latino presso la scuola italiana Eugenio Montale a San Paolo del Brasile. La sua storia dimostra come l’amore per il calcio, se sincero e genuino, può accompagnare per tutta la vita pur mettendo al primo posto valori come la religione e la famiglia: nella storia del calcio, non solo italiano, probabilmente in pochi hanno preso una decisione così radicale, brillando per coraggio e anche per coerenza.






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