Inchiesta del quotidiano “La Repubblica”, in edicola questa mattina, che svela retroscena importanti sull’addio di Daniele De Rossi alla Roma. Ci sarebbe stata una frattura con Francesco Totti nel suo ruolo di manager e con il DS Monchi, l’allenatore Di Francesco e membri dello staff da parte di alcuni senatori. Ecco le parti salienti della ricostruzione:




Se si deve stare alle immagini di Francesco Totti che, livido, si congeda da Daniele De Rossi, allora
si deve concludere che alle 22.30 di domenica 26 maggio una città ha definitivamente perso l’innocenza e divorziato dal suo oggetto d’amore, l’As Roma. Messa per intero in carico alla proprietà americana, la bancarotta sportiva di un annus horribilis, di cui quell’ultimo fotogramma sembra l’epitaffio, si porta via tutto.

Tutto, tranne un dettaglio. Sotto il diluvio dell’Olimpico, nell’abbraccio tra i due si sente un misterioso “non volevo”, ma non si sa chi lo pronunci. Chi non voleva? Che cosa non voleva? Un’inchiesta di Repubblica – che ha avuto accesso a fonti dirette e carteggi interni, compresa una mail che getta una nuova luce sul rapporto tra i due capitani – può oggi documentare un grumo di ricatti e trame di spogliatoio che dice molto non solo della Roma e di Roma, ma anche del doppiofondo del calcio professionistico. Del peso politico dei club, degli appetiti che suscita, degli strumenti non ortodossi per conquistarlo. Del ruolo dei campioni e delle bandiere.
È una storia che comincia a metà agosto del 2018.




L’estate della Roma è gonfia di attese. (…) Sono state fatte cessioni dolorose, Alisson e Nainggolan, ma l’ultimo
campione del mondo preso Nzonzi, è accolto come un gran colpo. Tiene futbol, assicura il ds spagnolo Monchi. Non la pensa così DDR, Daniele De Rossi. Ritiene quell’acquisto un avviso di sfratto, considerando il francese un suo doppione. E – come raccontano tre diverse fonti – chiede, anche attraverso il suo agente, la rescissione del contratto. Affronta personalmente la dirigenza e in un momento di collera avvisa: «Se non risolviamo la cosa, vi faccio arrivare decimi». Non è un grande inizio. Lo strappo viene ricucito. Ma quello scricchiolio è il prologo di quanto accadrà nell’arco di soli quattro mesi.

La mattina del 16 dicembre Ed Lippie, preparatore atletico e uomo di massima fiducia di Jim Pallotta, che ha appena lasciato dopo tre anni la Roma per tornare a Boston, si sistema di fronte al suo pc. Ha delle cose importanti da scrivere, che il suo presidente deve sapere. Una fronda, e che fronda, chiede tre teste: l’allenatore, il direttore sportivo, e Francesco Totti. (…) Con prosa anglosassone, asciutta, spiega a Pallotta di avere ancora occhi e orecchie dentro Trigoria. Le sue fonti — scrive — lo informano regolarmente con messaggi e telefonate. E quello che raccontano è sorprendente. Spiega che i quattro “senatori”, che cita — De Rossi, Kolarov, Dzeko e Manolas — ritengono il gioco di Di Francesco dissennato, dispendioso sul piano della corsa ma misero su quello della tattica.




(…) Monchi. Lippie scrive che a Trigoria è visto come il fumo negli occhi. Lo vivono come un narcisista che ha riempito la squadra di giocatori per i quali vincere o perdere è la stessa cosa. Gli rimproverano doppiezza nei rapporti, insofferenza nei confronti dei giocatori di seconda fascia, capacità manipolatorie nelle informazioni in uscita da Trigoria e un mercato che non è passato attraverso una corretta due diligence.

E tuttavia è l’ultima delle informazioni che Lippie scrive al presidente quella che prefigura la catastrofe. Se le fonti dell’ex preparatore dicono il vero la squadra soffre la presenza di Totti nel suo nuovo ruolo di dirigente. Le percezioni negative che trasmette allo spogliatoio. L’ottavo re di Roma, il suo figlio prediletto, è mal tollerato — così scrive Lippie — da coloro a cui ha consegnato il testimone e che pubblicamente non smettono di celebrarlo.
Le fonti di Lippie chiedono che l’ex “Capitano” venga allontanato da Trigoria se necessario cacciando Di Francesco cui Totti è legatissimo. E sostituendolo con qualcuno che lo tenga lontano.

Ed Lippie svela quindi l’identità delle sue fonti. Sono il medico sociale Riccardo Del Vescovo e il fisioterapista Damiano Stefanini. Indica in particolare Del Vescovo come il più convinto che la Roma debba essere “detottizzata”. Pallotta trasecola. E con lui, i suoi soci, facoltosi signori che non amano mettere i loro soldi in un circo senza domatori. Monchi, Totti e l’intera struttura societaria, a partire dall’allora dg Mauro Baldissoni e dal media strategist Guido Fienga, vengono informati della mail. Monchi rassegna le dimissioni (che vengono respinte). Per Totti quel racconto è una ferita profonda. Occorre mettere mano dentro lo spogliatoio – dice alla società – e bisogna cominciare proprio dal medico e dal fisioterapista; le cose non potranno che andare peggio.






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