di Arianna MICHETTONI

Con la fantasia che ogni tifoso ha, la fantasia necessaria a creare storie e finali alternativi, realtà parallele e deviazioni del destino, si può manipolare una realtà triste e miserabile e renderla… cosa? Una menzogna, certo, o una dolce malinconia di quel che avrebbe potuto essere e mai più sarà, in nessun campo, su nessuno schermo, poco importa che si giochi in casa o in trasferta.




Ci si può raccontare allora di un trasferimento, di un cambio di casacca a calciomercato concluso, di una nuova squadra, un nuovo campionato, una nuova avventura: che Davide Astori affronterà da capitano, da leader, da uomo forte quale era e sarà sempre. E se si crede davvero che un palo avrebbe potuto essere un gol ed un torto arbitrale una partita altrimenti vinta, si può – col sorriso – convincersi che quel numero 13 è sulle spalle di un calciatore ora schierato in una formazione trascendentale, per cui poco importano la classifica o gli incroci di calendario perché non c’è mai sconfitta, non c‘è mai stanchezza. Non c’è la sfortuna che perseguita la Lazio, che fra le somme di tutti i dolori dovrà pure affrontare l’affranto Cagliari – cui va il ricordo e l’affetto per il suo uomo simbolo; o il rimorso di un incontro tra Fiorentina e Benevento, dove il coro all’unisono sarà rivolto alla bellezza del gioco del calcio che ne condanna una e ne salva un’altra.




Ma l’imprevedibilità di un pallone che rotola sul rettangolo di gioco si esprime anche nelle esultanze al novantatreesimo che sovvertono la lotta allo scudetto o ad un posizionamento nella speciale fascia dei campioni: Inter e Napoli, prima rincorse, ora rincorrono. E la Juventus che tutto può dovrà difendersi da una cromia simile – quasi a dimostrazione che nella vita non è tutto bianco o nero, c’è un’infinità di sfumature a decidere la sorte fatta di opposti e di contraddizioni.




Eppure il senso del calcio – una microapplicazione del senso della vita – è tutto qui: nel continuo alternarsi di attimi che accelerano il battito cardiaco e situazioni che il cuore lo rallentano fino a fermarlo poi del tutto; si piange di gioia in un’esultanza e di disperazione per una perdita (ché quando si perde si è tutti sconfitti umanamente). C’è ancora però da raccontare la prossima domenica.






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