di Fabio BELLI

Nel mondo della comunicazione della Lazio, il suo arrivo sulla scena ha cambiato le regole del gioco. Entusiasmo, goliardia e rispetto per il tifoso sopra ogni altra cosa sono le regole che hanno reso un grande successo il programma radiofonico, “Laziali on Air“, da lui condotto ogni mattina in compagnia di Vincenzo Oliva dal lunedì al sabato sugli 88.100 di Elle Radio. Danilo Galdino è ormai da tempo un punto fermo dell’etere biancazzurro e, in esclusiva per Laziostory, ha raccontato le sue impressioni sul momento attraversato dalla Lazio.




Danilo, partiamo dall’opaca prestazione in casa della Juventus: inevitabile visto il gap tecnico tra le due squadre o si poteva fare di più?La partita allo Juventus Stadium non è nient’altro che la conseguenza di questi dodici anni di gestione, in cui si è lavorato bene a livello di scouting e di crescita dei giovani che sono stati individuati e acquistati. Nel contempo però è venuto meno ciò che fa la differenza tra una buona squadra e una grande squadra, ovvero l’ingaggio dei calciatori migliori. La differenza tra la Lazio e le altre squadre che lottano per i primi cinque posti in classifica si vede scorrendo gli ingaggi e i nomi delle rose dei vari club. E’ sicuramente positivo aver valorizzato i giovani del proprio settore giovanile, ma c’è differenza nell’avere in panchina come alternative Alessandro Murgia oppure Alessandro Rossi come sostituto di Ciro Immobile, invece di giocatori che possono avere alle spalle già centinaia di presenze in Serie A.




Sulla base di questa fase di crescita che non si concretizza mai, ritieni che in estate si rischi di arrivare ad una tripla cessione di Keita, Biglia e De Vrij e dunque ad una nuova rivoluzione totale?Sulla base del modus operandi di questa società spero che almeno uno dei tre possa restare, altrimenti si tratterebbe dell’ennesimo azzardo rappresentato dallo stravolgere sistematicamente la rosa della squadra ogni due anni. Verrebbero meno le certezze consolidate nell’ultimo biennio, perché stiamo parlando dei giocatori che rappresentano la spina dorsale della squadra. Cedendo tutti e tre i calciatori il segnale lanciato ad ambiente, tifosi e componenti stessi della rosa sarebbe quello di non avere volontà di crescere: anche perché i potenziali sostituti poi vedrebbero aumentare il loro valore di mercato e sarebbero poi i prossimi a partire. Spero fortemente che si possa trattenere almeno uno di questi tre giocatori, ma viste come si sono messe le trattative con i vari entourage dei calciatori la situazione mi sembra difficile.




Keita è a un passo dall’addio, eppure un anno fa si poteva puntare sul senegalese sapendo che comunque Candreva sarebbe andato via. Non si rischia di ripetere lo stesso errore con Cataldi, finito in prestito al Genoa con Biglia che potrebbe presto fare le valigie?Credo che ci siano alcuni ruoli particolarmente delicati in una squadra. Biglia è l’anima del centrocampo della Lazio, ma è molto meno difficile da sostituire di un centrale come De Vrij, che a ventiquattro anni ti ha fatto vedere cosa può significare averlo a disposizione o meno. Difficilissimo da sostituire, con Biglia invece avresti già alternative in casa, come appunto Cataldi che a meno di ventitré anni è già nel giro della Nazionale italiana. Senza dimenticare che cedendo un giocatore importante quei soldi dovrebbero essere comunque reinvestiti. Il problema principale è che se non si alza l’asticella degli ingaggi per i big è conseguentemente difficile individuare sul mercato sostituti degni. Soprattutto, sarà un problema che si verrà a ricreare con tutti i giocatori di valore. Ora si parla già di Milinkovic-Savic, che andrebbe blindato subito per avere un potere decisionale diverso anche in futuro nelle eventuali trattative di mercato. Biglia sarebbe una grande perdita, ma sarebbe ancor più grave perdere un giovane di valore come Keita a dieci-quindici milioni.




Il tuo pensiero su Simone Inzaghi?Simone Inzaghi, contrariamente a quello che pensavamo un po’ tutti (e chi dice che non è vero mente spudoratamente) si è rivelato tutt’altro che un azzardo. E’ una persona estremamente intelligente, un bravo ragazzo che conosce perfettamente un ambiente particolare come quello della Lazio. Sta facendo un ottimo lavoro perché è questo ciò che dice il campo e la classifica: i suoi limiti sono quelli però della società in cui lavora. E’ molto più difficile allenare la Lazio che una squadra come l’Inter, come sta dimostrando Stefano Pioli il quale, messo di nuovo in condizione di dare il meglio, sta confermando le sue qualità da tecnico, venute meno un anno fa per colpe di certo non esclusivamente sue.




Sei stato uno dei più ferventi sostenitori della rivendicazione dello Scudetto 1915: cosa pensi della vicenda e credi che si possa arrivare al lieto fine, oppure temi qualche sgambetto in extremis?Partendo dal presupposto che tutti coloro che tifano per la Lazio ed amano questi colori dovrebbero essere estremamente attenti alle dinamiche della storia del club, che è assolutamente straordinaria. La storia della Lazio infatti è un romanzo avvincente e unico che ogni anno aumenta di una pagina, ora siamo arrivati a 117. Io ripeto sempre che ciò che hanno fatto l’avvocato Gian Luca Mignogna, Fabio Belli e tutte le persone che insieme a loro hanno riportato alla luce questo importantissimo spaccato di storia che era stato sapientemente e scientemente occultato è stato importantissimo, e ringrazio queste persone che si stanno prodigando da un anno e mezzo senza nessun tornaconto personale, per riuscire a realizzare tutto ciò. Tutti dovrebbero appoggiare l’iniziativa e in moltissimi l’hanno fatto firmando in 33.000 la petizione, anche io l’ho fatto. Credo che alla fine, nonostante le mille turbative create attorno a questa vicenda da chi magari soffrirà nel vedere la Lazio avere un terzo scudetto in bacheca, riusciremo a spuntarla: sono discorsi però strettamente legati alla politica del calcio e ad equilibri che conosciamo bene. Ci sono state anche esternazioni e cambi di opinione, come quelli del dottor Abodi che si è detto contrario a questa assegnazione. Fa strano sentirlo dire a una persona che si professa laziale da tempo; poi abbiamo scoperto che Abodi scenderà in campo e potrebbe cercare di togliere la poltrona al presidente Tavecchio. Sono dinamiche che fanno sorridere perché le persone che vivono di sentimento, come chi ha avanzato e sostenuto questa rivendicazione, non vedono l’ora che sia ridato l’onore a qualcosa di unico, a ragazzi che non hanno potuto giocare una finale scudetto non perché non ne avessero le capacità e le volontà, ma perché sono dovuti partire per la guerra dando la vita per la Patria. Si resta a volte stregati da storie come quella del Grande Torino o più recentemente della Chapecoense, ma questa storia in bianco e nero, tramandata da pochissimi documenti, è altrettanto affascinante, meriterebbe un film o un romanzo. Mi auguro che lo Scudetto 1915 venga assegnato alla Lazio e sono anche abbastanza ottimista, pur nella consapevolezza degli ostacoli sopra citati.




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