di Fabio BELLI

Si è chiuso un mercato anomalo in casa Lazio. In molti stanno avanzando già similitudini rispetto a precedenti campagne acquisti, non fosse per il fatto che l’ultimo giorno di trattative si è chiuso, come spesso avvenuto negli anni precedenti, senza colpi. Considerando che l’operazione relativa a Luis Alberto era stata perfezionato due giorni fa, seppur ufficializzata oggi.

Eppure, come sempre è avvenuto quando la Lazio ha ceduto, i soldi incassati sono stati reinvestiti. Candreva e Onazi, un “tesoretto” di circa trenta milioni di euro (le pieghe del bilancio nascondono sempre qualche sorpresa, ma si può ragionare per cifre approssimative) grazie al quale sono arrivati Wallace e Bastos al centro della difesa, Lukaku sulla fascia, Leitner a centrocampo e Luis Alberto e Immobile in attacco. Di fatto sei rinforzi ai quali si aggiunge lo svincolato Vargic, dopo gli addii (e i conseguenti ingaggi risparmiati) di Braafheid, Konko, Mauri e Klose.

Un quadro dunque di cambiamento abbastanza profondo, diverso dal mercato “conservativo” della passata stagione, con gli innesti di Kishna, Milinkovic-Savic e Matri che non bastarono a una squadra che si era sfaldata un minuto dopo la conquista del terzo posto, tra gelosie interne e promesse mancate. L’unico filo conduttore sembra essere quello delle “scommesse“. A parte Ciro Immobile, a sua volta reduce da due stagioni non brillanti ma comunque forte dei galloni di capocannoniere della Serie A 2013/14, i nomi arrivati a Formello hanno causato un picco di visite su Wikipedia.

Il rendimento stagionale della Lazio, non nascondiamolo, sarà legato a quante di queste scommesse andranno a buon fine. Ma a Roma, si sa, la pazienza è merce rara e nel calcio lo è ancora di meno. Le critiche sono arrivate prima ancora di veder scendere in campo i nuovi acquisti. Jordan Lukaku e soprattutto l’angolano Bastos hanno fatto tirare un bel sospiro di sollievo. Ma d’altronde si tratta di giocatori titolari nelle proprie Nazionali e, soprattutto, nelle squadre di loro provenienza.

E’ proprio questo il punto. Lukaku, Wallace e Bastos possono vantare non solo esperienze importanti nei rispettivi club del passato, ma anche in campo internazionale. Il primo ha partecipato agli ultimi Europei con il Belgio, il brasiliano e l’angolano all’Europa League con il Monaco e alla Champions League con il Rostov. Di Immobile si è detto, e anche Luis Alberto non è l’Oscar Lopez, il Lequi o il Vinicius di turno. Pur non avendo sfondato al Liverpool, è reduce da una stagione da titolare al Deportivo La Coruna, in Spagna.

Di “Signor Nessuno“, come qualcuno vorrebbe far credere, dunque non ce ne sono. Forse l’unico vero salto nel buio è quello relativo a Moritz Leitner, che mai nei fatti ha mantenuto le grandi promesse dei tempi del settore giovanile del Borussia Dortmund. Certo la dimensione di mercato della Lazio è ormai chiara, con una fascia di spesa tra i cinque e i dieci milioni di euro a giocatore. Ma la realtà economica del calcio italiano (e della società) è cambiata come ha detto anche Sergio Cragnotti in un’intervista poco tempo fa. Sono poche le squadre che possono permettersi cifre straordinarie, in questo mercato solo Juventus (vendendo Pogba, Zaza, Pereyra e Morata) e l’Inter hanno toccato certe vette. Persino il Napoli alla fine non ha piazzato il colpo in grado di far dimenticare Higuain (anche se Milik è senz’altro un acquisto di livello internazionale).

L’impressione è che qualitativamente la Lazio possa aver fatto un passo in avanti anche importante, pur sul filo della riuscita di scommesse che però, numeri alla mano, non sono rischiose così come potrebbe sembrare (o come a qualcuno farebbe comodo far credere). Tutto questo però a patto di risolvere la grana-Keita. Col senegalese reintegrato, il potenziale e le alternative offensive a disposizione di Inzaghi cambiano radicalmente. Con Keita ancora fuori rosa, basterebbe l’assenza di uno tra Immobile e Felipe Anderson a rendere sguarnito e lacunoso il reparto offensivo. Da un rinnovo contrattuale tutte le parti in causa tutti avrebbero da guadagnare, in una situazione in cui, in questo caso sì, non si sarebbe dovuto arrivare all’ultimo minuto.

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