di Fabio Belli (foto © Giandomenico SALE)

Come era prevedibile, l’iniziativa lanciata grazie all’infaticabile lavoro dell’avvocato Gian Luca Mignogna ha scatenato un vero polverone. Ma la rivendicazione della Lazio per lo scudetto (si tratterebbe di un ex aequo, va specificato una volta di più a molti che sembrano ancora non averlo capito, soprattutto dalle parti di Genova) non ha assolutamente nulla a che vedere con quelle che si sono potute veder avanzate da ogni parte d’Italia. Il primo scudetto di Roma, quello del 1915, tributato come omaggio agli eroi di guerra che come nessun altro pagarono dazio al conflitto, molti con la loro stessa vita, è altro. E’ innanzitutto un atto dovuto a 100 anni di distanza da quel sacrificio che il Nuovo Corriere Laziale con la partenza di questa iniziativa e la pubblicazione del libro “Dal Tevere al Piave” hanno voluto per primi celebrare degnamente, seguiti poi da tutte le rappresentanze dell’informazione biancazzurre. Ma fuori Roma in molti hanno travisato l’iniziativa, prendendola come un potenziale “liberi tutti” in cui ognuno poteva sentirsi in diritto di reclamare uno scudetto del passato. “Tanto è roba di un secolo fa”. Ma è meglio fare ordine per capire perché la Lazio del 1915 è l’unica squadra che può aspirare al riconoscimento del titolo con solidi fondamenti giuridico-sportivi.

Udinese 1896. Una storia che spesso viene proposta dal Friuli è quella del titolo che, se riconosciuto, sarebbe il primo della storia del calcio italiano. L’Udinese infatti, nell’anno della sua fondazione, si iscrisse al “Primo campionato nazionale dei giochi”, che tra le varie discipline comprendeva anche il calcio (football), in programma a Treviso dal 6 all’8 settembre e organizzato dalla Federazione Italiana di Ginnastica. La Ginnastica Udinese sconfisse le altre due squadre iscritte, il Turazza di Treviso e la Ginnastica di Ferrara, aggiudicandosi un gonfalone di seta ricamato a mano, in oro, che sul labaro portava la scritta: “Prima gara nazionale di giuochi ginnasti – campionato nel giuoco del calcio (Foot Ball)”. Semplicemente, però, non si trattava di un torneo federale e non è accertato che il regolamento fosse quello del Football come lo conosciamo, quello importato con tutti i crismi dall’Inghilterra. In assenza di una Federazione calcistica, quel campionato non può essere considerato assegnatario di uno scudetto. Potrebbe portare, al limite, al conferimento di un titolo onorifico, ma senza una valenza di tipo nazionale.

 

 

Il primo scudetto di Roma, quello del 1915, tributato come omaggio agli eroi di guerra che come nessun altro pagarono dazio al conflitto, molti con la loro stessa vita, è altro.

 

Juventus 1908 e 1909. Non solo Calciopoli tra le rivendicazioni bianconere. Nel 1908 e nel 1909 infatti la “Vecchia Signora” (allora appena neonata…) vinse due titoli della cosiddetta FIF (Federazione Italiana Football) con campionati “sdoppiati”: quello Federale, riservato anche ai calciatori stranieri, e quello italiano, riservato ai soli calciatori di nazionalità italiana. La Juventus vinse entrambi i titoli non ufficiali, battendo l’Andrea Doria e l’US Milanese. I bianconeri vorrebbero che si usasse lo stesso criterio che portò nel 1921 ad assegnare due scudetti per i campionati CCI e FIGC. Titoli non ritenuti però ufficiali dalla FIGC che considerava, in virtù della divisione tra “stranieri” e “italiani”, i campionati italiani di Prima Categoria, vinti entrambi nel 1908 e nel 1909 dalla Pro Vercelli.

Genoa 1925. Da tempo i grifoni rivendicano quello che sarebbe lo “scudetto della stella”. Ci sarebbero state pesanti ingerenze in quella stagione da parte del governo fascista in favore del Bologna, al quale faceva capo il numero uno della FIGC Arpinati, per favorire i felsinei ai danni dei liguri. Compresi dei colpi di pistola sparati alla stazione Porta Nuova di Torino, sede dello spareggio per il titolo del Nord. Ma anche in quel caso, la mancanza di decisioni ufficiali e la disputa della finale sul campo chiudono lo spazio a qualunque tipo di reclamo, essendo state le sfide regolarmente omologate.

Torino e Bologna 1927. Uno scudetto che ha vissuto un iter giuridico ben preciso e definito fu quello del 1927. Per il “caso Allemandi” il titolo fu revocato al Torino per illecito sportivo. Essendo come detto bolognese l’allora capo della Federcalcio, Arpinati, non si volle, per non far pensare ad un’indagine pilotata (vedi 1925), assegnare il titolo alla seconda classificata dell’epoca, ovvero il Bologna. Urbano Cairo ha rivendicato quel titolo riguardo il quale però i documenti di revoca relativi alla sentenza Allemandi sono inequivocabili. Il Bologna potrebbe appellarsi allo scudetto assegnato all’Inter nel 2006 per Calciopoli, ma anche in questo caso le carte parlano chiaro. Inoltre sempre per Calciopoli è rimasto altrettanto vacante il titolo del 2005, revocato alla Juventus, quindi non è affatto un principio automatico l’assegnazione dello scudetto alla seconda classificata in caso di revoca.

Lazio 1914. Chiudiamo con una piccola curiosità: i biancazzurri potrebbero anche rivendicare lo scudetto dell’anno precedente al fatidico 1915, quando venne a galla un probabile illecito sportivo riguardante la squadra campione d’Italia, il Casale, che sconfisse nella finalissima proprio la Lazio. Ma anche in questo caso, non c’è una mancanza procedurale né una decisione presa d’arbitrio, come avvenne per il 1915. Il Casale non venne mai condannato da nessun tribunale sportivo e dunque qualsiasi reclamo andrebbe incontro alla prescrizione.

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