di Giorgio BICOCCHI
Se abbiamo (come sembra…) la testa in Norvegia, i rischi per la gara di Bergamo sono tanti. Un po’ perché la Dea e’ più forte di noi, un po’ perché sulla Lazio sembra gravare un nuvolone nero, un po’ perché l’attacco orobico – che somma velocità, potenza e classe – spaventa mica poco. E aggiungete anche la cabala: già perché è da prima di Natale, pensate un po’, che l’Atalanta non vince in Campionato davanti al proprio pubblico.
Baroni – in queste ore di vigilia – si trova davanti a un interrogativo: salvaguardare qualche titolare in vista di giovedì oppure giocarsela con i più forti, non pensando al Bodoe e al suo campo-trappola? Vedremo alle 18 quali decisioni avrà assunto il tecnico: in fondo anche prima della gara col Toro aveva schierato una squadra, nell’ultimo allenamento, sconfessando quella scelta poi al fischio d’inizio.
Di una cosa c’è assoluta certezza: servirà una Lazio sul pezzo per reggere l’urto. La cerniera centrale di Gasp – composta da De Roon e Ederson – e’ di quelle che ti strappa i palloni dai piedi e lancia in verticale. Sulle fasce si muovono due mezzi panzer come Bellanova e Zappacosta. De Katelaere, li’ in mezzo, smista e orienta. E Lookman e Retegui sembrano fatti apposta per andare a nozze contro una difesa che ha sin qui subito una montagna di gol, molti dei quali pure stupidi per procedura.
Per fortuna che il pallone non si gioca sulla carta, però. La Lazio – che comunque già all’andata imbriglio’ la Dea, riacchiappata solo negli ultimi minuti – oltre a essere in netto credito con la sorte, possiede comunque le risorse per impensierire Carnesecchi. Dovremo restare stretti, non concedere spazi, corridoi e/o pertugi, giocare di prima e provare a vincere qualche duello individuale. Ecco, serviranno cemento e fosforo per annacquare gli assalti orobici. Saremo in grado di resistere? Compito ingrato – oggettivamente – se avessimo in mente i fiordi, Bodoe e il sintetico. Una partita alla volta, proviamo a giocarcela, invece, anche al Gewiss, convinti delle nostre virtù…