di Arianna MICHETTONI – foto di ANTONIO FRAIOLI
Provedel – 5.5: un’insufficienza rimediata nell’unica azione pericolosa torinese, costruita – di nuovo – sull’inadeguatezza della difesa biancazzurra, anche quando schierata. Da quel che può per aiutare nella costruzione dal basso, non ha reali meriti in porta. Si fa trovare pronto sul colpo di testa di Maripan.
Hysaj – 5.5: in una partita complessivamente brutta, fatica a trovare spazio e a garantire un sufficiente apporto offensivo alla squadra. Spesso perde l’uomo e un paio di volte sbaglia l’intuizione sulla traiettoria della palla. A vantaggio acquisito, si fa più intraprendente. (Al 73’ Pellegrini – 5: il ritorno del figliol prodigo coincide con il gol del pareggio di Gineitis. Aveva un solo compito, non far rimpiangere la sua sostituzione – missione fallita.)
Gigot – 5.5: buon esecutore difensivo, data la remissività granata. Da rivedere le uscite palle al piede o il pressing alto, entrambe fasi ancora troppo disordinate.
Romagnoli – 5.5: nulla dell’attacco torinese lo impensierisce, tranne che nell’unica azione offensiva costruita su difesa laziale schierata. Resta a guardare Gineitis che col mancino incrocia e insacca alle spalle di Provedel.
Marusic – 6: mezzo eroe della serata. Un tiro di pregevole fattura; gesto tecnico di una partita comunque discretamente giocata, ancora meglio se paragonata al resto del reparto difensivo. Verrà ricordato e ringraziato per aver dato alla Lazio venticinque minuti di illusione.
Guendouzi – 6.5: ha intensità, grinta e una corsa inesauribile, seppur a tratti casuale: le direzioni sono una variabile dettata dalla foga del momento. Fa, disfa, strafa: talmente veemente da rimediare uno sciocco cartellino giallo. Il suo migliore tiro è un piazzato che esce per questione di centimetri – una sliding door tutta laziale.
Rovella – 6: partita tra luci e ombre, sebbene l’oscurità a tratti prevalga. Non riesce ad impostare e la squadra ne risente. Il Torino ha spazi chiusi, troppo serrati per potercisi infilare. Prova allora a recuperare palla dalla difesa, ma le aggressioni subite lo condannano a non realizzare mai la sua idea di azione.
Isaksen – 6: la resilienza dei suoi affondi è encomiabile, perché ancora arricchita da una sincera, ingenua voglia di non mollare. Prova a guidare la squadra, a portarla nell’area granata; prova ad innescare il meccanismo-lazio, probabilmente inceppato senza rimedio (dal 90’ Tchauna – SV).
Pedro – 6: non gli si può chiedere di più. Duetta con Isaksen, a tre generazioni di differenza, alla ricerca della giusta armonia offensiva. Se la Lazio può recriminare, è soprattutto merito suo (dal 73’ Dele-Bashiru: pure lui allunga la lista dei cambi penalizzanti, non valorizzanti. Una partita pareggiata dall’inesistente apporto qualitativo degli interpreti scelti per sostituire i titolari: si fa fatica a ricordare un pallone efficacemente giocato da Dele-Bashiru).
Zaccagni – 5.5: forse questione di condizione fisica precaria, forse demoralizzato dai 10 giocatori torinesi dietro la linea del pallone: quale che sia la plausibile spiegazione, la partita di oggi è brutta e sfortunata. Sbaglia persino tiri semplici. Paga il mancato riposo causato dalla nazionale.
Dia – 5: impalpabile. Incapace di capitalizzare le poche azioni offensive, ancor meno in grado di aprire varchi per i compagni. Di certo la Lazio non può fare affidamento su di lui, non per guidare l’attacco (dal 66’ Noslin 5.5: appena entrato, manca di un soffio il gol del raddoppio – per volere del portiere avversario. Prova a tener botta dopo il pareggio granata, in una fase finale persino meno isterica del previsto.
All. Baroni – 5.5: a volte è solo questione di sfortuna. A volte è intestardirsi con interpreti, modulo. A volte è girarsi verso la panchina e non trovare nessuno – o meglio: e non trovare giocatori di qualità, da te scelti, funzionali al tuo gioco. Semplicemente, di tuo gusto. Non una ricerca di colpevolezza, ma un facile espediente per una crisi che dura da ormai 3 mesi: una Lazio irriconoscibile e, forse, indifendibile.