di Giorgio BICOCCHI
Diciamoci la verità: non si commette un reato di lesa maestà se si afferma che l’imbattuto Toro e’ in credito con la sorte. Perché è vero che al Meazza, all’esordio, e’ stato raggiunto dal Milan nei minuti di recupero, buttando alle ortiche due punti meritati, mai poi la buona sorte gli e’ venuta in soccorso. Ha battuto l’Atalanta ma Pasalic ha fallito il rigore del pareggio nei minuti finali. Ha vinto a Venezia senza tirare in porta, segnando di testa nel finale. Ha pareggiato con il Lecce ma Milinkovic, il fratello di Sergej, ha sciorinato almeno tre o quattro parate-miracolo. E poi ha prevalso a Verona passando con i gialloblù ridotti in 10 per quasi un’ora. Insomma, squadra solida, piacevole dalla cintola in su ma certo sorretta dalla buona sorte.
Nonostante questo il viaggio al “Grande Torino” e’ la cosa peggiore che potesse capitarci. Non solo per l’ambiente carico che troveremo (per trovare il Toro in testa alla classifica bisogna risalire a oltre 40 anni fa…), non solo perché dopo lo stop di Firenze e’ vietato fermarsi ancora ma perché i granata – per il modo in cui sono strutturati (squadra fisica, aggressiva, che prende metri partendo in verticale) – sembrano possedere l’antidoto giusto per arginare la Lazio di Baroni, propositiva in alcuni casi fino all’eccesso.
Sarà Zapata – il centravanti che ha girato l’Italia con la valigia in mano – l’eventuale chiave del match a nostro favore. Limitarlo (ovvero non farlo concludere ma anche evitare che faccia da sponda per Sanabria o per lo scaltro Adams) significherebbe porre una bella ipoteca su un risultato favorevole. A febbraio dello scorso anno vincemmo senza soffrire. Mentre nel primo anno di Sarri solo grazie ad un rigore procurato da Muriqi evitammo lo stop. Torino resta una trasferta sempre scivolosa. E il Toro plasmato da Vanoli – l’allenatore già comunque entrato in conflitto con Cairo, reo di avergli comunicato solo a contratto firmato la cessione di Bellanova, in chiusura di mercato – sarà una brutta gatta da pelare. La Lazio però ammirata al “Franchi” e ad Amburgo un po’ di certezze ce le ha regalate. Non sempre troveremo un Var zelante come Abisso. Non sempre timbreremo traversa e palo, come accaduto a Guendouzi al minuto 86 della sfida di Firenze. Giochiamo come sappiamo, magari un po’ più cauti, in alcuni frangenti dells sfida, senza alzare troppo la linea difensiva: abbiamo le risorse per fermare il Toro, infliggendogli il primo stop stagionale. Perché la sensazione che lascia la Lazio di quest’anno è questa: si gioca sempre per vincere. E anche il pareggio pare un optional…