di Arianna MICHETTONI

Le pagelle biancazzurre della sofferta ma fondamentale vittoria della Lazio allo stadio Olimpico contro la Sampdoria:




Provedel – 7: Fa poco e di quel poco che fa non sbaglia nulla. Impegno proporzionato all’avversario, ma in ogni caso attento, preciso e puntuale nelle uscite e nelle chiamate in area. Clean sheet e statistiche sull’imbattibilità gli appartengono come ne avesse scritte lui le regole.
Lazzari – 6.5: Spende tantissimo in corsa e profondità, sempre pericoloso su una fascia che domina in velocità. Manca solo quel tocco in più, o quel pizzico di precisione per dar concretezza alla sua prestazione. Vi è di buono l’aver costretto gli avversari al debito d’ossigeno dovuto ad una marcatura ad uomo spesa a rincorrere le sue ripartenze: ha così trovato spazi che lo hanno portato spesso al cross o allo scarico in area, purtroppo vano. (dall’85 Hysaj – SV)
Casale – 7: La sua posizione difensiva è studiata al millimetro, tanto da prevedere le variabili d’applicazione come un tetris giocato in modalità difficile e a velocità massima. Copre le discese di Lazzari spostandosi verso l’esterno, alternandosi poi con Patric nel ruolo di perno della retroguardia. La dominanza fisica fa il resto: ne fa il simbolo del suo sacrificio quando la utilizza per sanare un errore commesso da Vecino, che gli costa il cartellino giallo e la successiva squalifica (era diffidato)
Patric – 6.5: Si differenzia dai suoi compagni di reparto per il compito di chiudi-fila della diagonale difensiva: lo fa molto bene, evitando di creare situazioni di individualità blucerchiate lanciate a rete contro Provedel. Più statico se paragonato a Casale: non un difetto, forse l’evidenza di una scelta tattica.
Marusic – 7: Salva su Cuisance rubando la scena dell’unica azione offensiva Sampdoriana. Fondamentale nel dar peso alla difesa, ancor più quando la squadra è sbilanciata perché spinta in avanti dalla forza della ricerca del vantaggio – manovra cui partecipa, seppur fuori ruolo, con intensità e applicazione persino maggiore degli altri di reparto. Meglio però da difensore – d’attributo e di fatto – dell’ordine degli ultimi metri.
Milinkovic – 6: Gira male lui e gira male tutto il centrocampo, perché l’equilibrio – e la rottura dello stesso – passa per i suoi piedi. Smista controvoglia i palloni dal potenziale giocabile soprattutto nella prima frazione di gioco; migliora quando viene affiancato da Vecino e ha la possibilità di avanzare per aumentare il potenziale offensivo di una squadra ridotta all’isterismo realizzativo. (dall’85’ Basic – SV)
Cataldi – 5.5: Pochissima intesa con Lazzari: evidenza che balza all’occhio quando sbaglia due scambi su due, con conseguenti – neanche velate – proteste del compagno. Emerge il suo vizio di assorbire le energie vicine, a volte pregio ma, in questo caso, difetto. (dal 57’ Vecino – 5.5: Il suo ingresso libera Milinovic dai vincoli di diligenza, rendendo tanto duttile quanto leggero il centrocampo. Fatica a capire il suo ruolo e lascia scoperta la zona di campo più problematica della partita. Finisce pure ammonito, nel tentativo di rimediare ai suoi errori.)
Luis Alberto – 8: Chi non ha testa, abbia buone gambe. Va a fasi alterne attivando entrambe, così che – a idee esaurite – fa la spola tra centrocampo e difesa per cercare una palla che il centrocampo fa fatica a far girare. Prova ad essere metronomo, finisce col fare la bussola ed indicare la direzione ai suoi compagni: il perenne nord-porta avversaria. Esplode il tiro che è la stella polare dei naviganti: luminosissimo e solitaria, come la luce che emana.
Felipe Anderson – 7: Gli avversari ne prendono rapidamente le misure, tratteggiandolo con lo stesso gesso bianco usato sulla scena del delitto. Lui compie efferati crimini sulla difesa doriana, ispirando le – purtroppo vane – azioni offensive biancazzurre: l’occultamento è proprio dei suoi compagni, vanificando gli sforzi compiuti secondo le regole dell’attacco perfetto.
Immobile – 6: La sufficienza politica allo studente modello, quello dalla media perfetta e dagli studi eccellenti. Che però non eccelle, ed impensierisce i suoi professori – senza, però, il bisogno di correre ai ripari. Prende in prestito la mascherina di Pedro per nascondersi dietro un “è intelligente ma non si applica”: due volte su due è un errore di applicazione, o di forza da imprimere alla palla.
Pedro – 7: Può aver perso l’olfatto per un po’, avere il naso malconcio, ma il fiuto del gol è istintivo e indelebile: lo esercita liberandosi spesso da triple marcature, annusando l’erba per trovare la zolla giusta alla girata o al dribbling. Sfortunato sul palo, gli negano un rigore assegnabile. (dal 57’ Zaccagni – 7: Il suo ingresso è in continuità con quanto di buono fatto dal predecessore. Anzi, migliora pure la manovra – tanto che il vantaggio arriva quando lui è in campo. Segue e serve la profondità dei suoi compagni, oppure la crea al bisogno.)
All: Maurizio Sarri – 7: È la sua vittoria, perché arrivata dai piedi di un calciatore che lui – in prima persona – ha ridisegnato secondo la sua visione di gioco e abnegazione. E mentre ringrazia il Luis Alberto ritrovato, che lascia la palla da giocare a terra e per lanciarla come si lancia il cuore oltre l’ostacolo, si gode 3 punti fondamentali per consolidare un posto in classifica che contente a tutti di continuare a sognare.






LASCIA UN COMMENTO

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.