di Giorgio BICOCCHI

Diciamolo subito: delle tre pericolanti in fondo alla classifica e’ il Verona che da’ la sensazione di potersi ancora salvare. Senza contare – il biglietto del treno in tasca per il “Bentegodi” – che, nello scorso campionato, i gialloblù ci segnarono ben 7 reti, quattro delle quali (con il solo Simeone…) messe a segno in una delle più infauste domeniche sarriane.
Il “Bentegodi”, poi, è stato stadio che ci ha regalato grandi successi (come il 5 a 1 del luglio 2020) ma pure solenni fregature (qui perse malamente anche la Lazio con lo scudetto 2000 sul petto).




Il tutto per ribadire che il viaggio in Veneto e’ infido. Perché questo Verona – che pure nel mercato invernale ha perso Gunther e Ilic – e’ squadra che corre, pressa, lotta e che non si è minimamente arresa alla attuale classifica.

Bisognerà lottare – sin dai primi minuti – su ogni zolla di campo, non facendo scappare di rimessa, ad esempio, Doig o Lasagna, uno che corre come un drago se lanciato in profondità. O tenendo a bada, sulle palle alte, la “pertica” Djuric, uno che assomiglia a Kozak per movenze e virtù.

Per carità, siamo superiore in ogni zona del campo ma – essendoci già passati contro Salernitana e Lecce, al cospetto di formazioni con qualità simili ai gialloblù – la prudenza mai e’ troppa.

Certo, sbancare il “Bentegodi” sarebbe un’ottima medicina, cinque giorni prima dello scontro-diretto in casa contro l’Atalanta. Scavalcheremmo quota 40, soprattutto terremmo il passo. Servirà cattiveria agonistica e ritmo, tanto ritmo. Senza replicare insomma lo sterile tran tran dello Stadium. Stavolta, complice anche l’orario di tardo pomeriggio, sarebbero in tanti quelli che, tornando dal lavoro, si appisolerebbero sul divano…






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