di Arianna MICHETTONI (foto © Antonio FRAIOLI)

Le pagelle biancazzurre della sfida di Coppa Italia contro il Bologna, decisa da un gol di Felipe Anderson al 33′ del primo tempo.



Luis Maximiano – 6: Eppur si muove. E para, pure, nonostante il minimo impegno. Troppo poco per certificarne la sana e robusta costituzione, abbastanza per renderlo abile e arruolabile. Evidente, purtroppo, la mancanza di dialogo con il suo reparto difensivo e un timore reverenziale verso le linee che delimitano l’area di rigore – ma nessun danno, nessuna colpa.
Lazzari – 6.5: In campo fa quel che meglio gli riesce: corsa e velocità, al netto di un’efficacia a fasi alterne e di un ritmo di gioco che aumenta solo per volontà dei singoli. Fa fraseggio e lascia che la palla giri; si immola come catalizzatore dei falli subiti: un merito per questa partita. (Dal 67’ Marusic – 6: Differenza evidente, soprattutto negli affondi. Perché lui è granitico, lui non cade – sono gli avversari a cadere.)
Patric – 6.5: Se non puoi batterli, non devi necessariamente unirti a loro. L’alternativa è abbagliarli, cosa che ben riesce a Patric: serio competitore per la titolarità, che anche stasera ha ampiamente dimostrato di meritare. L’abbondanza difensiva è un nuovo agio per i colori biancazzurri, e il merito è in parte suo – soprattutto quando anticipa tutti, persino Maximiano.
Romagnoli 6.5: – Solidità, stabilità, sobrietà: gioca tra capelli fluo e acconciature trendy, qualcuno giura di avergli sentito dire che è la sostanza, non l’apparenza, a far la differenza. Insomma: lui la differenza la fa dal suo arrivo ad Auronzo, questa è solo l’ennesima partita a conferma di ciò. Non servono, infatti, ulteriori dimostrazioni: lascia il campo a metà ripresa, tra gli applausi del pubblico. (Dal 67’ Casale – 6: Entra bene in campo, partecipante del contenimento avversario. Tiene anche lui il vantaggio della Lazio, senza alcun cedimento o sofferenza, a dimostrazione della sua crescita totale.)
Hysaj 6.5: – A che serve un terzino sinistro, quando la Lazio può vantare un Elseid in tale stato di grazia? Per la seconda partita di seguito tiene la fascia senza affanno, anzi concedendosi delle festose accelerazioni. Già additato come nuovo acquisto del mercato invernale, lui corre e scappa via, seminando avversari e insinuazioni.
Milinkovic-Savic – 6: Prefazione del testo di gara scritta da Lemony Snicket, perché la sua è davvero una serie di sfortunati eventi. Condizione fisica avversa e nervosismo generalizzato gli peggiorano l’umore, che sfoga tirando un calcio al palo. Ritenta per essere più fortunato, ma Vecino gli toglie l’opportunità del riscatto finale – perché, appunto, piove sempre sul bagnato. (Dall’80’ Vecino – SV).
Cataldi – 6: È un lavoro in penombra, il suo. Anzi: è un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. Lontano dai clamori mediatici, dalla gloria della prestazione vistosa, il suo è un ruolo più di quantità e meno di qualità. Concreto. (Dal 91’ Marcos Antonio – SV).
Luis Alberto – 6.5: Se il movimento c’è e la visione pure, manca la precisione. Fa tanto, ma in quel tanto non c’è la cura per gli spazi, l’ordine per la squadra, il millimetro geometrico per far combaciare compagno e giocata. Sfumature su cui polemizzare soprattutto quando, nel finale, smette di correre per spostarsi quasi sulla retroguardia. Uomo ovunque, più o meno.
Pedro – 7: Un piacevole crescendo: già il recupero ai danni di Sosa vale il traffico feriale, il freddo invernale e una noia mista all’idea di cena. Lui, ancor di più, scalda animo e cuore: porta la Lazio in vantaggio – l’assist è per Felipe Anderson, una formalità – e crea tanti fastidi alla retroguardia bolognese. Il passaggio del turno sta nei suoi piedi. (Dall’80’ Luka Romero – SV).
Felipe Anderson – 7: Il ruolo di cinico realizzatore gli calza male, tant’è che torna spesso per servire i compagni. Il gol vittoria è però suo, e suo è il nome che assegna il passaggio del turno: un giusto riconoscimento all’impegno e all’abnegazione, che ha mantenuto costanti per l’intero minutaggio. Più presente a sé stesso e alle trame di gioco offensivo, resta comunque poco accentratore.
Zaccagni – 7: Terrore della difesa del Bologna, da cui subisce – anche malamente – ogni tentativo di fermare la sua offensiva. Poco contenibile, a tratti inarrestabile, porta su di sé il raddoppio di marcatura per liberare gli spazi al centro dell’area. Intelligenza di posizione a completo servizio della squadra, che beneficia del suo fondamentale apporto per il passaggio del turno.
All. Sarri – 7: Fa pretattica, alla vigilia di una partita che forse è un peso, forse è il primo aneddoto che racconterà un trofeo meritato. Il cammino è lungo, non solo “largo”; la voglia dei passi in avanti è data anche da una formazione semi-titolare, dove i “rincalzi” schierati si vestono da prime linee – chissà, magari complicando gli schemi gerarchici del comandante. E il dubbio viene, quando decide di lasciare in campo Luis Alberto e Patric e tirare via Romagnoli e Milinkovic – che sia l’inizio di una nuova strategia, stavolta mentale?






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