di Arianna MICHETTONI (foto © Gian Domenico SALE)

Dovevamo immaginarla così, la Lazio. Solida, fluida, bella di sequenza in sequenza. Dovevamo immaginarla così perché già qualcuno, prima di noi, la stava immaginando. Ne stava scrivendo gli sviluppi, intrecciando gli scenari, evolvendo la composizione. E la realizzazione, seppur non lineare, ora restituisce un risultato armonico e chiaro nel suo divenire. Perché, ora, sai quel risultato quale sarà – cosa mostrerà e darà a vedere. La fiducia in una visione finalmente condivisa, dove ognuno ha la sua parte e la interpreta alla perfezione – con pazienza, abnegazione è uno spirito di sacrificio che però, in una sorta di teoria dell’eterno ritorno, riporta proprio al risultato.




Schiacciante per la Lazio, mai impensierita dalla Salernitana – non per carenze tecniche di quest’ultima quanto, piuttosto, per netta superiorità della formazione guidata da Maurizio Sarri (in esaltante aria di rinnovo).

Reina – 6.5: il dominio parte dalla porta – gioco di parole voluto, pure perché è l’unico gioco del portiere biancazzurro. Mai seriamente impegnato dalla formazione granata, amministra la difesa e fa buona guardia della sua area.

Hysaj – 6.5: più impegnato a dettare i tempi delle ripartenze che a sventare gli attacchi salernitani, è solida spola tra difesa e centrocampo – dove non di rado si fa trovare nelle sue incursioni. La sua crescita è proporzionale alla crescita della Lazio: migliora di partita in partita, dando evidenze rassicuranti.

Luiz Felipe – 6.5: è la metà di una coppia difensiva perfetta, in uno stato di grazia fisico e mentale. Tende a mantenere la sua posizione, più a suo agio nel ruolo di difensore puro. Dà la certezza di trovarlo lì, a dialogare con Reina, lasciato solo dai maldestri tentativi dell’offensiva campana. (dal 73’ Patric – 6: il suo ingresso in campo è il giusto merito alla continuità di un calciatore mai davvero apprezzato e mai pienamente capito. E invece la razionale analisi impone di notare come, nelle gerarchie biancazzurre, Patric ha mantenuto con costanza la sua posizione. In campo è lo stesso)

Acerbi – 6.5: ad alzare lo sguardo lo si trova più spesso nell’area di rigore avversaria che nel seguo rettangolo di competenza. E fa bene: il difensore della Lazio, quasi mai impiegato nel suo reale ruolo, trova impiego nella manovra collettiva biancazzurra. Va premiato il suo dispendio energetico: sale e scende su per il campo e raramente mostra cali di tensione.

Marusic – 6: tra i quattro di centrocampo è quello che emerge meno, non per demerito quanto, più semplicemente, per una spinta propulsiva più evidente sulla destra – lato del campo che evidenzia spazi più ampi e più ampi margini di manovra. Tiene la sua posizione, chiama i compagni, è partecipe e non si tira indietro. Tanto basta.

Milinkovic – 7: imprescindibile. Tutto passa dalla sua capacità di gioco, che è propria del visionario e ha in sé il seme del genio. Patrimonio biancazzurro, imprendibile per gli avversari, ha una facilità d’azione e di movimento che, ad un occhio disattento, svaluta la sua importanza. Serve Anderson, serve Immobile, serve Pedro e, per non sbagliare, serve sempre alla Lazio.
(dal 77’ Basic – 6: il potenziale c’è, il dosaggio è utile ad una crescita bilanciata e consapevole. Lui in campo ci sta bene e non fa fatica ad inserirsi a partita in corso, sinonimo di ottime doti interpretative e capacità di lettura tattica. Nei minuti che concludono la partita non fa rimpiangere Milinkovic)

Cataldi – 7: il premio stagione è la titolarità, conquistata e mantenuta di partita in partita. In uno stato di grazia che lo rende difficilmente sostituibile, detta con magistrale coerenza i tempi del centrocampo. Ottimo pure a supporto del trio d’attacco laziale, è l’epilogo a lieto fine tanto atteso e finalmente ottenuto. (dal 77’ Leiva – 6: il minutaggio non penalizza le infinite qualità di questo calciatore, degne di essere lodate e decantate. Il suo è sempre stato un ruolo poco appariscente ma fondamentale: lo mantiene, con il rigore che lo caratterizza)

Luis Alberto – 8: energia caotica, invincibilità tecnica (ma solo se ne ha voglia), incanto e meraviglia quando pone il suo sigillo sulla sfida contro la Salernitana. Il suo gol rispecchia la sua essenza: è l’ultima parola, quella che lui deve sempre avere. Il campo lo rende libero di interpretare il suo protagonismo, un monologo che Sarri ha scritto (probabilmente sul suo taccuino) per lui. Il tempo di impararlo e ora lo redita a memoria.

Felipe Anderson – 6.5: prestazione opaca, seppur non insufficiente. È forse l’aspettativa a deludere, non la realtà dei fatti. Tuttavia, soprattutto nel secondo tempo, sembra escluso dall’efficacia della manovra biancazzurra. E l’attenzione inevitabilmente si sposta sui suoi compagni di reparto, quello che fanno e disfano. (dall’86’ Zaccagni – SV)

Immobile – 8.5: ridondanza e abbondanza. Segna sempre lui, è sempre protagonista – prima, durante e dopo la partita. Gli dedicano una poesia, lui compone sonetti in campo. Lo premiano per il 160º gol, lui ne segna ancora uno. A rendere chiaro il concetto per cui è impossibile descrivere e definire la sua carriera – è impossibile descrivere Ciro Immobile: è in continua evoluzione, in costante crescita, e quel che ha fatto ieri è solo il ricordo di una storia che verrà riscritta e arricchita domani. Ogni occasione passa per i suoi piedi, il palo gli nega il piacere di una doppietta. Il gol più importante però lo ha segnato nel cuore di ogni tifoso della Lazio.

Pedro – 8: si potrebbe anche finire di elogiare l’incredibile colpo di mercato della Lazio, ma perché non godere ancora un pochino delle circostanze che hanno portato un fuoriclasse assoluto a vestire la maglia biancazzurra? La domanda retorica nasconde la reale, pertinente ed appropriata risposta: Pedro è naturalmente un giocatore della Lazio. Perché naturalmente conduce questa squadra, il reparto offensivo, i tempi di manovra, le occasioni pericolose. E naturalmente segna, tanto che si può parlare già di “prima Pedro” e “dopo Pedro”. Non sente stanchezza, fatica, pressione degli avversari. Speriamo allora senta l’affetto sempre crescente che la tifoseria nutre per lui.

All. Maurizio Sarri – 8: è il suo capolavoro. Dal ritiro alla proposta di rinnovo – chissà. La Lazio esprime con più capacità e consapevolezza la sua idea di gioco eppure lui, perfezionista com’è, noterà l’imperfezione – così ripartirà il suo lavoro sui suoi uomini.






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