Intervistato da Rivista 11, Luis Alberto ha parlato a trecentosessantagradi della sua esperienza alla Lazio, in vista anche della prossima sfida contro l’Inter di Simone Inzaghi:




Inzaghi era un amico, un padre per tutti noi. Sarri invece ha una personalità diversa, più forte. Ha un’idea di gioco bellissima, l’abbiamo vista a Napoli o ad Empoli. Secondo me tra due o tre mesi la Lazio divertirà tanto. Non so se vinceremo qualcosa, ma sicuramente ci sarà da divertirsi. E per gli avversari sarà molto complicato: la nostra qualità è molto simile a quella del suo Napoli. Anzi, sotto alcuni aspetti posso dire che siamo anche migliori. Per ora il nostro obiettivo è il quarto posto, dobbiamo prendere tutti i punti possibili, ma sappiamo anche di essere una squadra in costruzione. Abbiamo bisogno di capire bene quello che ci chiede il mister, solo dopo potremo fare grandi cose“.

Cosa è cambiato tatticamente? Che ci sono sessanta, settanta metri di campo in più per arrivare in porta. Ma il vantaggio è che, quando salti la pressione, hai davanti a te un’autostrada. Per come giochiamo noi, poi, è un compito che posso fare, con Milinkovic che può giocare più avanzato per far valere la sua fisicità“.

Dopo tutto questo tempo è tutto più semplice, sono più sereno in campo, avverto la fiducia che ho intorno, in campo, in allenamento, nello spogliatoio. Ero arrivato l’ultimo giorno di mercato, in una stagione senza coppe europee, Inzaghi schierava in campo sempre gli stessi undici. E poi, nel 4-3-3, penso nemmeno lui sapesse dove mettermi. Perciò i primi tre-quattro mesi furono devastanti: è stato il momento più complicato della mia carriera. Avevo perso la testa, non volevo nemmeno più andarmi ad allenare. Una roba che non mi era mai successa. Con il mio mental coach Campillo è cambiato tutto. Anche se continuavo a non giocare, tutti i miei compagni e lo staff dicevano che ero il giocatore migliore in allenamento. A fine anno andai dal mister e gli dissi: ok, troviamo una soluzione, vado via. Per me è stato un anno di merda. E invece Inzaghi mi disse, no, non vai da nessuna parte. Comincia a fare il regista dopo l’addio di Biglia, per me era bellissimo: prendevo la palla e non c’era nessuna pressione. Sono passato in pochi mesi dall’andare via al giocare quasi duecento partite con la Lazio. Il calcio è così, in un giorno può cambiare tutto, nel bene e nel male“.






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