di Arianna MICHETTONI

Reina – 6: ha il pregio di parlare costantemente ai compagni, motivandoli, suggerendo movimenti e guidando – abbastanza bene – la difesa. Gli altri ricambiano appoggiandogli troppo spesso la palla di un’ipotetica ripartenza che in questa partita, però, non riesce a concretizzarsi. Incolpevole in entrambe le occasioni da gol del Verona, di certo nulla può contro la mancanza di lucidità di pensiero e di azione della sua squadra.

Parolo – 5: leggasi, romanticamente, una sufficienza come atto di gratitudine e riconoscenza: accetta il ruolo in difesa, esibendo la fascia di capitano. Quella stessa fascia che diventa un peso e non un orgoglio: privato di piglio e mordente, quasi rassegnato, non prova nemmeno a tener testa alla scelleratezza della sua squadra e dei fischi arbitrali.

Acerbi – 6: un sei conquistato urlando “no, no, no!” al momento della sostituzione. Uomo simbolo dello spirito battagliero che con lui, però, lascia il campo. (Dal 28’ Hoedt – 5.5: entra quasi a freddo su impellente esortazione di Inzaghi, che però non lo sceglie nell’undici titolare. Fa quel che può – molto poco, nel complesso – per evitare la debacle della Lazio)

Radu – 4,5: già piuttosto impalpabile la sua prestazione, purtroppo si macchia del gol del raddoppio reclamando un fallo inesistente di Salcedo. È una bandiera indiscussa, la sconfitta odierna porta soprattutto la sua firma. Vacuo e quasi nullo il suo apporto alla squadra, va ad aggiungere frustrazione e senso di inadeguatezza già presente in dose abbondante nella squadra biancazzurra.

Lazzari – 5: l’autogol porta formalmente la sua firma, sebbene il tiro di Dimarco avrebbe comunque trovato la via della rete. Pochi i suoi affondi sulla fascia, pochissimi i motivi per non attribuirgli i demeriti di questo disastro collettivo. (Dal 80’ Fares – SV)

Milinkovic-Savic – 5: un cinque che può leggersi come profondissima delusione per la prestazione. Da sergente a salvate il soldato Milinkovic: salvate il buono calcistico che è in lui, necessario alle ambizioni (chissà quali) della Lazio.

Leiva – 5: stanco, diffidato, incolpevole spettatore di una squadra che non funziona nei movimenti, nelle giocate e nelle idee. Costretto ad inseguire avversari e compagni di squadra nel tentativo, vano, di recuperare una palla giocabile. (Dal 64’ Escalante – 5: avrebbe dovuto portare nuovo brio alla squadra, se non altro per dimostrare qualcosa che somigli al valore. Sì appiattisce schiacciato dalla situazione, vittima dell’onda d’urto generata dall’implosione Lazio)

Akpa-Akpro – 5.5: mezzo punto in più per la grinta, l’unico a mostrare un barlume di propositività. Lui nulla può per sorreggere una squadra al collasso, ma riesce a deformare, con la sua prestazione, la smorfia di disgusto in un cipiglio di accigliatissimo disappunto. L’unico a meritare un posto in campo questa sera, campo che ha dovuto lasciare con l’amarezza dello spettacolo più deludente mai esibito dalla Lazio. (Dal 80’ Pereira – SV, ma con un appunto: in assenza di gioco, fantasia e spirito, merita una maglia da titolare)

Marusic – 5: banale e scontato non possa e non debba essere lui a risollevare le sorti di una squadra al suo punto più basso, nulla fa per non uniformarsi alla massa informe e spersonalizzata che è l’undici biancazzurro. Subisce come tutti il pressing del Verona, che ha il solo ed unico – ma più importante merito – di annullare con la marcatura ad uomo qualsiasi velleità laziale da lui per nulla alimentata.

Caicedo – 6: è sempre lui, l’eroe della serata: mortificato dalla chiusura degli spazi agita del Verona, lo si è visto spesso indietreggiare per portare il suo contributo al centrocampo e alla manovra offensiva della Lazio. Dopo un grande assist per Immobile, viene ripagato da un gol bellissimo, purtroppo inserito in una cornice marcia e priva di senso, ma cinico e pesante nel ribadire un concetto: lottando razionalmente e costantemente si può segnare. (Dal 64’ Correa – 5.5: finito anche lui in panchina per favorire il disegno di formazione ideato da Inzaghi, il suo ingresso contribuisce alla creazione – seppur disperata e illusa – di gioco)

Immobile – 5.5: grinta ne ha, pure nell’urlare in faccia a all’arbitro senza nessuna fascia da capitano a tutelarlo. Di palloni giocabili ne ha pochissimi, i movimenti dei giocatori del Verona lo chiudono, lui non incendia le scintille bagnate prodotte dai compagni e smette di brillare. Si mangia, in ogni caso, due gol sanguinosi che palesano segni di stanchezza.

All. Simone Inzaghi – 5: una formazione da boh e mah. Primo interrogativo della serata: perché arretrare Parolo e non far giocare Hoedt, ristabilendo l’ordine naturale (e forse anche semplice) delle cose? Ai posteri l’ardua sentenza, che si traduce in un: il campionato saprà commentare il piazzamento Lazio. Che, ad oggi, esclude qualsiasi volo d’aquila: al massimo voli pindarici per una condizione stagionale che sembra difficilmente cambiabile.

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