di Arianna MICHETTONI

La luna piena, il gioco di luci, mille tifosi meritevoli di aver superato il test d’ingresso di Lazialità. Tante dolci premesse, mentre la colonna sonora scelta per accompagnare il prepartita è un inno non solo alla Lazio ma sopratutto ai suoi tifosi, all’amore che vince, con pazienza e dignitosa e coraggiosa sopportazione, su una pandemia mondiale. Ed è un bene che ci sia l’amore dei tifosi a vincere, che per la Lazio, azzerate le attese, è una lunga sconfitta contro l’Atalanta (annunciata, si può dire, dal countdown ufficiale al KO).

Colori e suoni, il volo di Olympia, il premio consegnato a Ciro Immobile: il ritorno a casa è una canzone passionale e romantica intonata a cuor leggero – a diventar pesante è il fischio di inizio.

Funesti presagi: Correa so acciacca durante il riscaldamento, al suo posto gioca Caicedo – che, chissà, forse preso alla sprovvista fatica ad entrare immediatamente nei movimenti laziali. L’inizio si svolge tuttavia principalmente a centrocampo, dove entrambe le squadre misurano forza e fisicità: l’Atalanta pressando e la Lazio resistendo al pressing. Il gioco si sposta di poco in avanti: i biancazzurri tentano di sfondare le resistenze bergamasche e al 6’ Luis Alberto serve Immobile, il cui tiro impegna Sportiello in una corta respinta. La palla resta lì, incolpevole spettatrice di un destino – a posteriori – già scritto: carambola come carambolano le sorti della Lazio (succederà ancora, più tardi, nel corso di un complessivamente disastroso primo tempo).

I primi minuti di gioco però illudono: Immobile di nuovo calcia il pallone, stavolta però altissimo sopra la traversa. Ed è l’ultima – l’unica – occasione d’altezza della squadra di Inzaghi: l’allenatore, meno carico del solito, assiste al tracollo del suo undici già al 10’, quando Gosens realizza il (parecchio contestato) gol del vantaggio atalantino. Qui comincia per l’Atalanta la facile gestione del match: la Lazio non reagisce, attonita dalla brevissima durata delle sue velleità, gioca sulle retrovie e non ha modo, né tantomeno forza, di attaccare. I bergamaschi sono spettatori privilegiati del dramma calcistico laziale: Immobile ed i suoi tentano di ritrovare i loro movimenti caratterizzanti, ma la partita si fa molto nervosa e molto fisica, lottata, dal 20’ tra il centrocampo e la trequarti atalantina. I nerazzurra diventano però, all’occorrenza, qualunque multiplo di 11 sia necessario: sono ovunque e comunque a disinnescare qualsiasi ordigno (non) esplosivo improvvisato della Lazio – che in campo, contro l’Atalanta, mostra proprio di non saperci stare almeno nel primo tempo.

È sufficiente una disattenzione difensiva di Marusic, infatti, a causare la rete di Hateboer e il conseguente raddoppio. Ironia di questa commedia degli orrori e degli errori, la Lazio trova subito l’occasione per accorciare le distanze – la trova appunto, la quella va nuovamente a nascondersi: la palla si stampa sulla traversa, poi cade sulla linea di porta, poi sfila via dalle metaforiche mani laziali. E, come da tradizione, chi fa l’azione d’attacco l’aspetti, poi: terzo gol dell’Atalanta siglato da Gómez al 41’. Così cala finalmente il sipario sul disastroso primo tempo laziale, mentre all’Olimpico i brividi non sono solo causati dal freddo.

Le squadre rientrano dagli spogliatoi per continuare quel che il duplice fischio dell’arbitro aveva interrotto: l’Atalanta sostituisce Djimsiti, al suo posto Romero – per portare forze fresche all’apparentemente invincibile armata, che continua ad attaccare nonostante il vantaggio di 3 reti. Inzaghi risponde richiamando Lucas Leiva, ammonito: al suo posto Cataldi per districare la matassa a centrocampo.

Così la Lazio timidamente ci prova: non più bloccata dal dominio territoriale dell’Atalanta, più e più volte si riversa in attacco e nell’area di rigore bergamasca – ma è la confusione a regnare, adesso. Forse stufi di un passivo privo di qualsiasi mordente, prima Romero e Sportiello rischiano l’autorete e poi concentrano le loro energie per sventare il tiro di Marusic servito da Lazzari.

Ma il gol della Lazio è nell’aria – insieme alla polvere battuta dalle mani dei mille presenti: lo realizza Caicedo al 41’ servito da Milinkovic, confermando la teoria che senza accompagnar per mano la palla in porta, questa sera, la Lazio non avrebbe mai segnato – dopo tutte le occasioni che si è lasciata scappare. Clamorosa su tutte quella di Immobile, che fallisce il facilissimo 2-3 per un eccesso di zelo o platealità: il tiro facilissimo, a Sportiello battuto, finisce sull’esterno della rete. Tutto per il divertimento atalantino, annoiata dal suo padroneggiare la partita dettandone i tempi: basta per l’undici bergamasco pensare di chiudere la partita che questo poi, effettivamente, accade. Al 16’ della ripresa Gomez firma la sua doppietta e il quarto gol complessivo per l’Atalanta, la cui unica pecca è l’estrema prevedibilità dei tempi di trama – partita finita già al quarto d’ora della seconda frazione di gioco.

Non ne vale la pena, lo capisce anche Inzaghi: comincia la corsa scenografica alle sostituzioni, e la Lazio usa tutte quelle a sua disposizione. Entrano Escalante, Djavan Anderson e Akpa Akpro – tre giocatori che, allegoricamente, rappresentano i tre fischi dell’arbitro.

Squadra biancazzurra rivoluzionata, più cuore e anima che tecnica e raffinatezza, che regala le emozioni da romanzo popolare dove gli ultimi ce la fanno, si riscattano e giocano la partita della vita: i nuovi 5/11 sono tutti proiettati, pur scompostamente, nell’area di rigore atalantina. E proprio un rigore recrimina la Lazio: ma al 75’ Caicedo è ammonito per simulazione – l’ennesima interpretazione di gara di Maresca per nulla condivisa dalla percezione che si ha sugli spalti. Forse però nulla sarebbe cambiato, o forse sì: appena un minuto dopo è di nuovo Caicedo ad avere un’occasione da gol: il pallone però impatta su Palomino, condannando alla non esultanza la già non esultante Lazio. Quello che segue è la chiusura di una storia fatta di cori e coreografie ed esultanze, appunto: ebbe inizio nella passata stagione proprio contro l’Atalanta, quando la rimonta biancazzurra innestò un effetto domino fatto di vittorie consecutive e sogni ad occhi aperti. E gli occhi sono ancora aperti oggi, sì, però hanno proiettati davanti incubi che necessitano un repentino risveglio. Non da questa partita – è il 43’ e non accade ormai più nulla, se non il continuo ed estenuante pressing dell’Atalanta – ma delle coscienze formatesi con la Lazio, più che mai assopite in un sonno della ragione.

IL TABELLINO

SERIE A

LAZIO-ATALANTA 1-4

Marcatore: 11′ Gosens (A), 32′ Hateboer (A), 41′, 61′ Gomez (A), 57′ Caicedo (L).

LAZIO (3-5-2): Strakosha; Patric, Acerbi, Radu (58′ Bastos); Lazzari (70′ D. Anderson), Milinkovic (70′ Akpa Akpro), Leiva (49′ Cataldi), Luis Alberto (70′ Escalante), Marusic; Caicedo, Immobile. A disp.: Reina, Armini, Kiyine, Lukaku, Parolo, Correa, Adekanye. All.: Simone Inzaghi.

ATALANTA (3-4-2-1): Sportiello; Toloi, Palomino, Djimsiti (46′ Romero); Hateboer, Pasalic (56′ de Roon), Freuler, Gosens (90′ Mojica); Malinovskyi, Gomez (81′ Muriel); Zapata (81′ Lammers). A disp.: Rossi, Carnesecchi, Sutalo, Caldara, Ruggeri, Diallo. All.: Gian Piero Gasperini

Arbitro: Fabio Maresca (sez. di Napoli)

Assistenti: Costanzo – Ranghetti

Quarto uomo: Pasqua. V.A.R.: Calvarese. A.V.A.R.: Di Vuolo

NOTE. Ammoniti: 11′ Marusic (L), 16′ Djimsiti (A), 26′ Luis Alberto (L), 26′ Freuler (A), 40′ Leiva (L), 70′ Cataldi (L), 72′ Acerbi (L). Recupero: 1′ pt.

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