di Arianna MICHETTONI

Il paradosso del gatto di Schrödinger (o della Serie A Tim 2019/2020) è un esperimento mentale ideato nel 1935 da Erwin Schrödinger, con lo scopo di illustrare come la prestazione calcistica della Lazio fornisca risultati paradossali se applicata ad un sistema fisico macroscopico – come il sistema costituito dalla Serie A italiana.
Andando decisamente contro il senso comune, esso presenta un gatto (o una squadra) che può essere contemporaneamente sia vivo che morto, sia prima che seconda in classifica, come conseguenza dell’essere collegato a un evento subatomico casuale che può verificarsi o meno – un certo recupero di Juventus-Inter programmato al 13 maggio.




Così la Lazio gioca non solo con quel che è ma con quel che potrebbe essere, andandosi a scontrare con chissà quante linee temporali, chissà quanti destini, chissà quanti universi paralleli: è scompiglio cosmico per la Lazio, colpo al cuore per l’ordine, caos e bellezza per i tifosi.

Il primo tempo parte con gli uomini di Inzaghi già orientati alla vittoria: è dominio biancazzurro per possesso palla e manovra offensiva. Il Bologna subisce la pressione Laziale: al 2’ errore di Correa che nega il vantaggio fulmineo ai capitolini; al 3’ è lo stesso Correa a subire fallo e procurarsi una punizione dal limite. I primi minuti di gioco sono di assoli e assoluti, più però per bravura che per concretezza: all’11 è Ciro Immobile – presagio forse della sua prestazione opaca – a sbagliare un facile tiro da depositare in rete.
Le lancette dell’orologio ticchettano il perpetuarsi dell’egemonico assedio biancazzurro: al 16’ Correa fallisce la sua seconda occasione di gloria. Il ritmo totalizzante tenuto dalla Lazio è però foriero del canto di esultanza della Curva Nord – e, da oggi, dei suoi Ultras Lazio: al 18’ è Luis Alberto a realizzare il liberatorio 1 a 0, sogno vivido della stagione Laziale ed innesto di quel paradosso per cui la Lazio è, virtualmente, prima in classifica.




Ed è un’esultanza lunghissima, un già citato esperimento mentale: al 20’ è raddoppio di Correa e partita quasi chiusa, come l’ultimo corollario teorico ad un’applicazione pratica impeccabile. Ad effetti dimostrati – 90 minuti che si riducono a 25, per la Lazio – è il Bologna a tentare una reazione: al 27’ Tomiyasu non sorprende del tutto la retroguardia biancazzurra. L’attenzione si sposta non solo sul recupero biancoblu, ma sui recuperi di rinvii decisi con la tenacia con cui si decide di dividere un atomo: per causare lo scoppio di una “bomba” – mediatica, soprattutto. La Lazio riflette su causa e conseguenza, il Bologna gioca e porta al sorriso sornione di Mihajlovic – mai troppo tributato guerriero dei giorni nostri. Il primo tempo si conclude però con un ritorno all’inizio: Lazio salda nel suo 2 a 0.

Tutto si regge però ormai sul paradosso, o meglio, sugli interrogativi che sorgono riguardo le alternative incompiute: il Bologna inizia il secondo tempo sostituendosi alla Lazio del primo tempo, dominando e schiacciando i biancazzurri nel proprio centrocampo prima e nella propria area di rigore poi. Già al 3’ i felsinei sono vicini al gol che dimezzerebbe il distacco; al 7’ però Denswil batte Strakosha: ne seguono momenti di attesa, che sospendono l’assegnazione del gol. L’arbitro è chiamato al VAR e le immagini, in uno scorrere del tempo che non risponde più alle regole della razionalità ma alle palpitazioni dei tifosi, restituiscono il doppio vantaggio alla Lazio: fallo in attacco del Bologna e marcatura annullata.




Episodio che, nel breve termine, riavvia la meccanica Lazio, motore incrinato dall’esperimento – non paradossale, stavolta – di addormentamento della partita. Al 16’ ci prova Ciro Immobile, mai però del tutto partecipe di questa gara (al primato). E mente gli uomini di Inzaghi mancano di precisione, il Bologna tenta ancora di riaprire la contesa: al 22’ è Tomiyasu ad avere la meglio sulla difesa Laziale, ma di nuovo l’aria si fa rarefatta e i movimenti dell’arbitro più lenti: chiaro segnale di una comunicazione che sta avvenendo tra il direttore di gara Abisso e Rocchi, oggi destinato al VAR: fuorigioco millimetrico di Palacio e nuovamente gol non valido, decisione che, interpretando a posteriori la partita, annulla ogni velleità rossoblu. Così sono due le squadre a neutralizzarsi: la Lazio, mai davvero scesa in campo nella ripresa, e il Bologna, ormai svilito nel suo attacco. Al 35’ è sussulto biancazzurro: la Lazio contiene al meglio l’avversario e lascia che lo scorrere del tempo renda non solo tutto un po’ più chiaro – anche più definitivo. Termina pure la propositività felsinea: erano 5 i minuti di recupero, ma l’arbitro decide di fischiare con un minimo anticipo la fine del match. Suona l’inno e suona la carica Laziale, tra lancio di sciarpe e lancio di obiettivi: se prima c’era l’attesa per il termine del novanta minuti giocati, per questa domenica e fino a maggio c’è ancora tutto da attendere – o, paradossalmente, nulla da attendere. La Lazio è prima in classifica, tra asterischi che han la forma degli astri: nel cielo biancazzurro brilla una stella che in tutto il firmamento è sempre la più bella.




IL TABELLINO

SERIE A

Marcatori: 18′ Luis Alberto (L), 21′ Correa (L)

LAZIO (3-5-2): Strakosha; Patric, Luiz Felipe, Radu; Lazzari, Milinkovic, Leiva, Luis Alberto (60′ Parolo), Jony; Correa (74′ Cataldi), Immobile. A disp.: Proto, Guerrieri, Bastos, Silva, Vavro, D. Anderson, Lukaku, A. Anderson, Adekanye, Caicedo. All.: Simone Inzaghi

BOLOGNA (4-2-3-1): Skorupski; Tomiyasu, Bani, Danilo (71′ Skov Olsen), Denswil; Poli, Schouten (58′ Sansone); Orsolini (58′ Santander), Soriano, Barrow; Palacio. A disp.: da Costa, Sarr, Bonini, Corbo, Baldursson, Dominguez, Medel, Juwara.  All.: Sinisa Mihajlovic

Arbitro: Abisso (sez. di Palermo)
Ass.: Liberti e Bottegoni
IV Uomo: Robilotta
V.A.R.: Rocchi
A.V.A.R.: Del Giovane

NOTE. Ammoniti: 4′ Bani (B), 11′ Schouten (B), 54′ Danilo (B), 64′ Santander (B), 83′ Radu (L). Recuperi: 1′ pt; 5′ st.






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