di Daniele MARINCIONI

Patric, Jony, Marusic, Cataldi (non dimenticando il Panterone ormai nazionale) sono l’esempio di come Inzaghi abbia conferito ad ogni componente della #FamigliaLazio un ruolo responsabile ed indispensabile.




Nell’immaginario collettivo degli ultimi anni il tema “coperta corta” è tra i ritornelli più ricorrenti e cantati da tifosi ed esperti. Sì perché, il più delle volte, gli obiettivi non sono stati raggiunti anche a causa di un “pacchetto-panchina”, a tratti non adeguatamente settato per dare il cinque a chi tirava il fiato insieme alla carretta. È stato così, a torto o a ragione.

Non lontana fu la Lazio di Pioli. Si stravinse con l’Empoli, ma si perse De Vrij proprio nel momento in cui il sabato dopo avremmo avuto la Juventus. Quell’anno andò comunque bene, perché arrivammo ai preliminari, ma avremmo potuto ambire ad un gradino più alto del podio 2015/2016. Un esempio, certo.




Per rendere meglio l’idea, forse sarebbe più opportuno citare la Lazio del primo Klose, dove per sostituire un partente Cissè a metà anno, giunse a Formello un certo Alfaro che non si palpò. Come non si palpò la Champions che, anche lì, avremmo meritato.

Da lì in poi la paura-patofobia “coperta-corta” ha attanagliato l’esperienza di ogni Laziale nel periodo che intercorre da Gennaio fino a Maggio. Tanto simile al coronavirus, con i dovuti e goliardici gesti apotropaici.

L’ipocondria da panchinaro sembra però seguire un corso diverso quest’anno: sembra, anzi, aver reso le nostre riserve come integratori vitaminici presi nel cambio di stagione: è un po’ dire che le responsabilità e i paragoni non fanno poi così paura.

Ovvio è pensare che il Leone, Re Ciro, insieme al Sergente e al Mago siano insostituibili: si provi a dire il contrario – ci si azzardi lontanamente a pensare il contrario. Ma è altrettanto confortante osservare che chiunque venga chiamato dal nostro Mister si faccia trovare sempre pronto ed inserito. Ma soprattutto sicuro, nel rispetto delle possibilità tecniche di ognuno.




Il vademecum di chi affronta la Lazio, ad oggi, ricorda che Caicedo fa paura quasi come Immobile; che a Cataldi non deve essere concesso troppo spazio, specie dai calci piazzati. Che a Marusic e Jony vanno date le stesse attenzioni che si danno a Lazzari e Lulic. Sulla difesa non facciamo proclami o scongiuri.

Che la percezione stia cambiando lo dimostra che l’idea di una eventuale “Lazio rimaneggiata” intimorisca chi la guarda fino ad un certo punto. La Lazio ha finalmente smesso di aver paura degli altri perché ogni componente è importante tanto quanto l’altro. Voi chiamatele, se volete, riserve.






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