di Daniele MARINCIONI
Cosa accade quando si normalizza l’eccezionale? Tutto quel che sta succedendo fa parte del consueto? La Lazio non ha vinto con l’Inter. O meglio: matematicamente sì. 2 a 1, gol di Young, Immobile e Milinkovic. Per gli amanti della cronaca basterebbe così.
La domanda sorge spontanea: è sufficiente ridurre tutto questo ad un risultato?
L’impressione è che contro l’Inter abbia giocato tutto il mondo Lazio, non soltanto i calciatori: più nel dettaglio, la banda Inzaghi si è nuovamente fatta portavoce delle emozioni di un popolo che, uscito dallo stadio, ha percepito che qualcosa di inconsueto è accaduto diversamente dalle altre volte.
La Lazio ha vinto e convinto soprattutto chi, fino ad ora, non ha avuto la consapevolezza del possibile. I due gol all’Inter non hanno una ragione strettamente sportiva, ma psicologica, emotiva, cardiologica. Chi è sceso dagli spalti, chi ha spento il televisore, è andato a dormire sempre di più appartenente e attore protagonista vincitore dell’ennesimo duello. Come se migliaia di persone fossero – ognuna nella sua porzione di spazio – dentro il cuore di ogni singolo componente della banda. Anche se il concetto di “Banda”- partita dopo partita – fa spazio per merito al termine “Famiglia”.
La Lazio è una Famiglia. E tutti ne fanno parte, ognuno al posto che gli spetta.
A capotavola domenica c’era lui, Simone, che ha lasciato lo spazio e il tempo di recitare la poesia di Natale al Sergente Milinkovic: senza troppe rime baciate, ha ribadito che la Famiglia unita raggiunge traguardi non pronosticati. Attenendoci per un momento alla cronaca, Milinkovic ha coronato con il gol una prestazione che ha stabilito l’importanza della leadership all’interno di un gruppo: senza fioretto ma con colpi di sciabola osannando talento, concretezza e fame di vittoria. Per chi non fosse ancora convinto, Sergej è un Sergente Capitano, come gli altri dieci interpreti della Famiglia. Il bello della Famiglia Inzaghi è proprio questo: ognuno è Capitano, perché c’è un Capitano vicino a lui uguale all’altro. Un po’ come “i figli sono tutti uguali”.
Tutto questo insieme di fattori traspare e arriva alla gente. Ogni Laziale corre sulla fascia, contrasta, tira, esulta, suda come se fosse in pantaloncini in campo. La Lazio è la Madre di tutti.
E’ proprio questo che è cambiato ed è differente rispetto alle epopee che hanno caratterizzato quei cicli brevi, ma vincenti, della storia. Ecco, proprio questo è inconsueto: le gioie che prima erano proporzionate al risultato, alla vittoria e ora sono legate allo spirito. Oggi comunque vada, sarà un successo. Niente mani avanti, niente inutili scaramanzie, ma soltanto un GRAZIE ENORME di tutte queste emozioni gratuite che hanno migliorato non soltanto le domeniche, ma ogni giorno della vita di un Laziale.
Non è solo calcio, non sono soltanto chiacchiere da bar e questo a Roma comincia a percepirsi anche dall’altra parte.
Scalfire un Laziale ora è difficile, difficile come disgregare una Famiglia unita. Come anche nelle migliori, potranno esserci alti e bassi certamente, ma finché c’è l’Amore potranno inventarsi qualsiasi cosa perché noi “CO STA MAGLIA ADDOSSO NON C’AVEMO PAURA DE NIENTE”.