di Daniele MARINCIONI
“Noi oltre”. Oltre l’inesorabile scorrere del tempo. Sabato sera, alle ore 18, la macchina del tempo ha corso veloce. Inesorabilmente veloce. Fermando il tempo e le persone. Ciò che è accaduto non è stata semplicemente una celebrazione o un compleanno, bensì un flashback che tanto flash poi non è stato.
Tutto ciò che si è interrotto è partito dal cuore. Chi ha vissuto o lontanamente percepito Lazio-Napoli ha viaggiato nel tempo: la gente ha visto ringiovanire la propria identità fino agli albori del 2000. Coloro che erano in campo hanno rappresentato la trasposizione di eroi passati, quelli con lo scudetto cucito sul petto. O ancora no. Sembrava essere tornati bambini, o semplicemente più freschi: dove i seggiolini dell’Olimpico erano ancora turchesi e non rovinati dal trascorrere degli scenari. Chi ha rivisto il papà, il nonno, l’amico compagno di emozioni. Sì, le emozioni. Proprio quelle che abbiamo ricercato o avremmo pagato per poter rivivere anche solo 5 minuti.
Lazio-Napoli non è stato un incontro o una gara. Lazio-Napoli è stato il viaggio verso la storia di ogni tifoso.
Talvolta ci si sofferma sull’esito, sul risultato, sulla coppa. Ma quante persone sono andate indietro con la testa anche solo per un attimo? Quante volte abbiamo quasi sperato di veder scritto sulla 10 del mago il nome di Mancini? In quanti ci siamo affacciati per vedere, anche solo per un secondo, se Eriksonn fosse lì?
Ma soprattutto, quanti hanno sperato di riprovare quell’abbraccio, quella mano compagna di viaggio dei nostri giorni migliori dopo un gol del Matador?
La gente Laziale tuona “La Lazio è!”. La Lazio è e, per essere ancora, riparte dal suo passato che, sabato sera, ha respirato di presente.
Gli eroi del 14 Maggio passano il testimone alla Banda Inzaghi, il cui compito è quello di mantenerci così: orgogliosi e fieri di avere il cuore Laziale.