di Daniele MARINCIONI
Nei giorni che compongono la nostra vita, ci si è trovati tutti – inevitabilmente – di fronte ad un bivio. Spesso, spesso ci troviamo di fronte ad un bivio.
Dubbi. Scelte. Esitazioni. Incertezze. Abbiamo bisogno di rivolgerci a qualcosa, o abbiamo bisogno di qualcuno che ci trascini. Che funzioni da modello. Un modello positivo, un esempio che tocchi anche inconsapevolmente le corde del nostro Cuore.
È cercare una fonte di ispirazione. O… è quel periodo che capita, quel periodo in cui tutto non gira – o se non tutto, una buona parte. Ecco: all’improvviso si cerca calore in ciò in cui si crede. O in chi lo manifesta.
Quante volte è capitato? Tante, vero? Tante. E quante volte, in quei maledettissimi e benedettissimi 90 minuti, sono stati riposti tutte le viscere del nostro io interiore? Sentirsi fieri e rappresentati, e soprattutto sollevati da quei pesi che rallentano il quotidiano. Quante volte si è stati grati di queste emozioni, e queste emozioni e questa gratitudine sono state rivolte a chi ce le ha manifestate? Resi grati e fieri e orgogliosi di chi conduce lo spartito della nostra armonia domenicale.
C’era una volta, c’è e ci sarà Simone Inzaghi. Simone Inzaghi ha restituito. E i complementi oggetto sono tantissimi.
Simone ha, retoricamente, restituito la Lazialità. Non la Lazialità fine alla fede, ai risultati, ai trofei. Simone ha restituito a tutto il popolo l’emozione di essere Laziale. Nello stile educato di un padre che insegna ai figli a stare al mondo e nel mondo; un fratello che fa da scudo ai più piccoli; un amico che non ti abbandona mai, che c’è, ti supporta e ti dice la verità.
Simone ha la luce nel volto. Sempre. Quando si vince. Soprattutto, però, quando si perde. È il modello del laziale e, sportivamente, anche di tanti romanisti. Che significa? Che la persona è sempre prima del professionista. Che le persone si immedesimano in Lui perché è un faro, una luce.
Ognuno mette tanto di sé nelle storie, negli ambiti professionali, nelle vicende sportive: chi vive il calcio non può spiegare che cosa significhi. Come si può spiegare un’emozione? Come si può spiegare che quell’uomo dal nome Simone Inzaghi è stato uno dei condottieri principali nei pomeriggi e nelle serate del 2000? Possono bastare pochi aggettivi per descrivere un ragazzo di Piacenza, entrato a Formello in punta di piedi, che è ancora lì. Lì in rappresentanza di un popolo. Con l’eleganza. Con la semplicità. Con il bene che vuole alla gente, e che la gente sente e restituisce.
Per la prima volta dopo decadi di incertezze identitaria, il popolo biancazzurro ha scelto da chi essere rappresentato. Orgogliosamente.
E un pó di Inzaghi c’è in ogni giornata del laziale. Lo spinge nelle durezze del quotidiano a dare di più, ad avere cura degli obiettivi, a “martellare” la vita. Con rispetto. Con educazione. Con lo spirito Lazio.