di Arianna MICHETTONI

È la storia di uno stato d’animo. Che non si restituisce ad una descrizione esatta, precisa ed unanimamente accolta – uno stato d’animo non può essere accolto da un’anima. È la storia di un paio di occhi che si aprono, scrutano, prendono aria e polvere e immagini, prendono immagini e le infilano nelle iridi. È la storia di un paio di mani che si aprono ed afferrano, accolgono e si chiudono, sono gesti e strette, sono rughe degli anni. È la storia di labbra che modellano un sentimento, in silenzio o socchiuse, che hanno una voce, che hanno un racconto – il racconto di una storia. È la storia di un cuore che in vita avrà perso un battito, ne avrà accelerato uno, diviso a metà, maledetto e benedetto. È la storia di un pensiero infilato in uno stato d’animo, solo uno, solo un momento in cui il tempo si ferma – il destino è già scritto ma il tempo si ferma. E si fa voto, si promette, ci si stropiccia un po’ per non lasciarsi stropicciare dagli eventi, dall’attesa, dagli stati d’animo – occhi, mani, labbra, cuore e pensiero – altrui.

Ognuno ne ha uno: c’è chi ci crede e chi non ci crede e chi finge di crederci però poi, credendoci, non riesce a crederci. C’è chi è scettico per esperienza o per salvezza, c’è chi è scettico ad occhi bassi e ferita aperta, c’è chi è scettico e strafottente, c’è chi nello scetticismo non ha nulla da perdere. Poi, nel buio della notte, c’è chi alza le braccia al cielo e indica qualcosa: indica il rifugio delle stelle e della meraviglia, mentre intorno cadono coriandoli di luce e patinata brillantezza, sfavillio sì, autentico, tuttavia lontano dall’autenticità di uno stato d’animo.

Lo stato d’animo somiglia a tutta la felicità che è in palio: somiglia alla felicità meritata, alla felicità abbracciata, alla felicità impastata con la stanchezza e le lacrime – e la paura di una forza di infelicità imbattibile. Somiglia alla felicità di andare in punta di piedi, in equilibrio tra cielo e terra, in nessun equilibrio anzi perché l’equilibrio si perde poco prima di spiccare il volo. Somiglia alla felicità della testa, del metterci la testa, di dare un assist razionale al cuore – di lanciarlo con i piedi il cuore, tanto tanto lontano, non un lancio oltre l’ostacolo ma un lancio oltre la vita, oltre i limiti e i confini, a raggiungere le esistenze invisibili che solo il cuore può vedere.

E lo stato d’animo può cambiare, può nascondersi, può sospendersi, si trattiene il fiato e si trattiene tutto il resto, tutto il possibile, tutto il non accaduto – il fiato sprecato del non accaduto, come un errore o scivolare via, scivolare via da ciò che non ha saputo trattenerci e allora non si può trattenere. Lo stato d’animo può cambiare ed evolversi, può migliorare e splendere, può codificarsi ed interpretare un suono – un fischio, tre fischi – di liberazione: lo stato d’animo è liberazione, è incoscienza, instabilità, euforia, sbornia e gioco della verità, un facciamo finta che – facciamo finta che, in quella coppa, si possano rovesciare tutte le lacrime di gioia, di vita, di perdita, di sconfitta perché a volte vinci a volte impari. E in quella coppa trovare ambrosia e nettare ed una Lazio-Ebe tra le divinità, mentre distilla sieri di virtù celeste agli spavaldi di stato d’animo.

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