di Arianna MICHETTONI

Che brutte le cose che attendono, e nell’attesa il cuore batte troppo forte, e allora si desiderano le azioni abituali, il confort e la comodità, la forma già conosciuta, domestica, sicura di una certezza. Che brutte le aspettative che chissà non siano disattese, le speranze in piedi sulla realtà o sulla vacuità, le sensazioni, le labbra mute, i palmi aperti. Che brutte le ore a braccia larghe, a sorrisi che nascono spontanei, a piccole lettere che unite formano le parole e poi i discorsi e poi le intenzioni e le grandissime dichiarazioni. Che brutte le cose vive, le cose animate, le cose che fuggono dai pronostici. Che bella la Lazio.

Statistiche e chiacchiere, desideri repressi e liberati, posti contati, assegnati e ridistribuiti – per stare insieme, più vicini, o più soli. E poi i motivi, tutto il contrario di tutto, e finalmente l’inizio: che non è proprio pregio Laziale, anzi, è l’inizio delle cose delicate, degli equilibri sottilissimi, dell’attenzione a non deludere e non deludersi. Ne approfitta quindi il Torino, mentre la Lazio concede ampi spazi e periodi di riflessione – riflessione sul gioco e sulla manovra, anche. I biancazzurri tentano di approfittare delle ripartenze, ma i primi minuti di gara sono avari di emozioni: il Torino prova e riprova, imposta e si sposta in avanti; la Lazio tiene e contiene quasi senza affanno – seppur i sospiri strozzati siano prerogativa della prima squadra della capitale.

Eppure alla Lazio mai mancò il valore, ma la fortuna – più o meno: piuttosto i biancazzurri sono carenti in precisione e cinismo, come lo scolaro intelligente che non si applica.
Oppure come una post-moderna Penelope che fa e disfa e non per dedizione, ma nella lucida attesa del ritorno del gol (che è più dell’amore, in questo caso): prima Lulic e poi Caicedo, intorno al 17’ di gioco, cercano il vantaggio della Lazio. Azione sfumata e scomposta, nel primo caso, dalla retroguardia granata; è stato invece l’errore sotto porta del Panterone a fallire l’1-0 Laziale.

Ma la Lazio, paziente, tesse la sua tela: al al 21’ è una punizione dal limite a far sussultare i cuori del tifo Laziale. Fallo di mano di Nkoulou (perciò ammonito), il tiro di Cataldi dà poi l’impressione – solo l’impressione – del gol: la palla accarezza in realtà il palo alla sinistra del portiere, dando un arrivederci a quel che sarà.

Quel che sarà, appunto, al 25’: di una sconcertante bellezza, il tiro di Acerbi trascina i presenti nel tempo sospeso di un’esultanza in cui tutto è possibile, pure conquistare la seconda vittoria consecutiva.

Il Torino, ancora accecato da tanto splendore come lucente cosa di cometa o scia di razzo, è spettatore privilegiato delle ottime intuizioni di gioco della Lazio – galvanizzata dal gol. E mentre i granata implodono e collassano sulla loro stessa materia, al 33’ è Ciro Immobile ad esibire il grande portento – sequel mai scritto de “La Grande Bellezza” – delle sue doti calcistiche: segna il raddoppio in solitaria, come il liberatorio “Eureka!” esclamato dopo aver trovato una soluzione al gioco Laziale (anche alla classifica marcatori).
2 a 0 conquistato e distrazione narcisistica è quel che resta di questo primo tempo: un cantante cantava, con un cipiglio di ovvietà, che non è finita finché non è finita.

Squadre che rientrano in campo ed a rientrare è, soprattutto, l’ambizione biancazzurra: volli, sempre volli, fortissimamente volli questa vittoria è quella scarica di adrenalina che semplifica le trame di gioco della Lazio, ora fluide, ora come l’inevitabile che si insinua nella vana resistenza granata. Più volte l’attacco Laziale sfiora il terzo gol – quello della resa definitiva: Immobile è talmente tanto avanti da guardare il futuro girandosi, sì, ed anche però la bandierina del fuorigioco – offside che porta ad annullare il gol di Caicedo, tanto impegnato, in questo secondo tempo, a riscattare la prestazione opaca dei primi quarantacinque minuti di gioco.

Felipe ritenta al 64’, ma trova il suo momento di gloria al 67’: abbattuto in area di rigore da Nkoulou (al secondo giallo, e quindi espulso) procura il fondamentale rigore per la Lazio. Questa però non è la storia di altruismo altrimenti bella da narrare: è Ciro Immobile ad avviarsi sul dischetto, senza pesi sul cuore e con una doppietta negli occhi. Tiro preciso, freddo, come il contorno nitido assunto da questa partita dominata dalla Lazio: 3 a 0 e cori di disappunto dei supporters torinesi che, giustamente, meritano di più – ma non qui, non oggi. Al secondo tempo non restano che le sostituzioni-ovazioni del pubblico: ce n’è una per Caicedo, che lascia il posto a Correa; una per Cataldi, sostituito da Parolo; infine per il talismano Patric, dalla prospettiva rovesciata – capovolta come la prospettiva della Lazio, ora lanciata verso un posto in Champions. Eppure, prima di chiudere una partita senza neppure minuti di recupero – c’è da recuperare la meraviglia di questa serata – accade la magia: il mago Luis Alberto, che ha tentato e ritentato e non si è mai arreso, consapevole dell’esistenza di un altro arcobaleno, riesce nella prestigiosa impresa di segnare da calcio d’angolo – complice la cresta del gallo Belotti.

Poi l’arbitro fischia ed è inno della Lazio, cuore della Lazio, bandiere della Lazio.

IL TABELLINO

SERIE A

LAZIO-TORINO 4-0

Marcatori: 25′ Acerbi (L), 33′, 70′ rig. Immobile (L), 90′ aut. Belotti (T)

LAZIO (3-5-2): Strakosha; Patric (79′ Luiz Felipe), Acerbi, Radu; Marusic, Milinkovic, Cataldi (75′ Parolo), Luis Alberto, Lulic; Caicedo (72′ Correa), Immobile. A disp.: Guerrieri, Alia, Bastos, Lazzari, Leiva, Berisha, Lukaku, Jony, Adekanye. All.: Simone Inzaghi.

TORINO (3-5-2): Sirigu; Izzo, Nkoulou, Lyanco (51′ Verdi); De Silvestri, Meitè, Baselli (75′ Djidji), Lukic, Laxalt; Zaza (67′ Falque), Belotti. A disp.: Rosati, Ujkani, Aina, Ansaldi, Bremer, Berenguer, Millico. All.: Walter Mazzarri.

Aribitro: Daniele Orsato (sez. di Schio)

Assistenti: Preti – Bresmes

IV uomo: Abisso

V.A.R.: Maresca

A.V.A.R.: Fiorito

NOTE. Ammoniti: 21′ Nkoulou (T), 55′ Acerbi (L), 67′ Marusic (L) Espulso: 68′ Nkoulou (T) per doppia ammonizione.

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