di Jean Philippe ZITO
Lo sport ha la capacità di realizzare imprese straordinarie. Nel Sudafrica appena riemerso da più di 40 anni di apartheid, i mondiali di rugby del 1995 diventano l’archetipo delle gesta fuori dal normale.
Il presidente Nelson Mandela vuole riappacificare il Paese anche tramite la nazionale di rugby, da troppi anni associata esclusivamente ai “bianchi razzisti”. La stragrande maggioranza della popolazione del Sudafrica è di colore e ha sempre tifato contro gli “Springbok”. Grazie al carisma di Mandela e al coraggio del capitano della squadra, François Pienaar, i numerosi tentativi di riconciliazione hanno successo.
La narrazione di quegli avvenimenti sono divenuti leggendari, tanto da convincere Clint Eastwood a farne un lungometraggio. “Invictus” riesce a raccontare magistralmente il delicato sviluppo della vicenda, con un epilogo che ben si presta alla narrazione cinematografica. Infatti il Sudafrica vince ai tempi supplementari nella finale contro gli “All Blacks” della Nuova Zelanda con il punteggio di 15 a 12. È festa grande sugli spalti e nel Paese; non sono solamente i 15 in campo a trionfare, ma un popolo intero.
Pochi mesi dopo si svolge sempre in Sudafrica anche la Coppa d’Africa di calcio, dopo la rinuncia del Kenya. Sull’onda lunga emotiva del successo ottenuto dalla nazionale della “palla ovale”, le gare si svolgono in un clima festoso per quello che è l’esordio dei Bafana Bafana nel massimo torneo continentale dopo una lunga esclusione dovuta all’apartheid.
Il Sudafrica passa il girone A da primo in classifica, avendo battuto sonoramente i leoni del Camerun per 3 a 0 (Masinga al 15′, Williams al 37′ e Moshoeu al 55′), poi l’Angola per 1 a 0 (Williams al 57′) e perso, in maniera indolore, con l’Egitto per 1 a 0.
Al centro della difesa si fa notare il ventunenne Mark Fish, titolarissimo degli Orlando Pirates; abile nel gioco aereo, legge in anticipo le mosse degli avversari e ha un fisico esplosivo. Il numero 5 dei Bafana Bafana è reduce da un’annata memorabile.
Nel 1995, assieme ai suoi compagni, entra nella storia del calcio africano: gli Orlando Pirates, infatti, sono la prima squadra del Sudafrica a vincere la “Coppa dei Campioni” del continente nero. Un risultato eccezionale conquistato d’assoluto protagonista e, come capitano della squadra, alza al cielo anche la Supercoppa africana del ’96 giocata contro il JS Kabylie.
Colosso di quasi un metro e novanta, si trova a suo agio nel ruolo di libero, adattandosi bene sia come centrale difensivo di destra che di sinistra. Disputa tutte le partite del torneo per novanta minuti, dando sicurezza all’intero reparto.
Nei quarti di finale della Coppa d’Africa del ’96, contro l’Algeria segna addirittura il gol del vantaggio al minuto 72, dopo aver accompagnato l’azione offensiva dei compagni, su una ribattuta entra in scivolata e beffa il portiere avversario. Quest’ultima pareggia al minuto 84 con Lazizi, ma dopo poco più di un minuto arriva il gol vittoria di Moshoeu che regala le semifinali, stravinte contro il Ghana per 3 a 0 (Al 22′ e 87′ Moshoeu, al 46′ Bartlett).
In finale a Johannesburg il 3 febbraio 1996, il Sudafrica incontra la Tunisia. A quasi un quarto d’ora dal termine la partita è in equilibrio, poi, con la sostituzione di Masinga (attaccante della Salernitana, poi al Bari per 4 stagioni) con Mark Williams, la gara svolta improvvisamente. Quest’ultimo appena entrato mette a segno un uno-due che decide l’incontro al minuto 73 e al 75°.
I Bafana Bafana vincono la Coppa d’Africa, lo stadio è in delirio, per questa vittoria che è sicuramente coinvolgente e sentita. Il calcio è lo sport più popolare in Sudafrica e lo stesso Nelson Mandela è al settimo cielo durante la premiazione.
Il giovane Mark Fish si è conquistato sul campo la possibilità di andare a giocare in Europa. La Lazio infatti l’acquista per 2 miliardi e 600 milioni di lire dagli Orlando Pirates per la stagione successiva.
La trattativa viene portata avanti da Vincenzo D’Ippolito, che convince Nello Governato (DS della Lazio) ad acquistare il giovane difensore. Lo stesso D’Ippolito chiude l’affare con il Presidente degli Orlando Pirates in un casinò di Johannesburg, il primo tra una squadra africana di club e una italiana.
A Roma l’attende un sistema di gioco molto complesso, con la stagione 1996/97 si è entrati nel terzo anno della gestione Zeman. Il tecnico boemo viene da un secondo e terzo posto conquistato negli anni precedenti, facendo giocare al sodalizio biancoceleste un calcio meraviglioso, ma molto dispendioso.
La Lazio nella nuova stagione perde pedine importanti: a centrocampo vengono venduti due colonne come Roberto Di Matteo e Aron Winter. In attacco parte in direzione Torino bianconera, Alen Boksic. Per sopperire a queste gravi perdite, vengono acquistati tra gli altri, il promettente centrocampista del Brescia Roberto Baronio, il miglior giocatore dell’Oceania, Paul Okon (voluto fortissimamente da Zeman al posto di Di Matteo), il capocannoniere in carica Igor Protti e il talento ceco Pavel Nedved.
Fish si guadagna la fiducia del tecnico ed esordisce con la maglia biancoceleste da titolare in Coppa Italia nel secondo turno il 28 agosto 1996 contro l’Avellino.
La prima partita di Campionato lo vede sempre partire dal 1° minuto, in casa del neopromosso Bologna. La sconfitta per 1 a 0 fa intuire che il proseguo della stagione per la Lazio non sarà semplice.
Il centrale sudafricano torna titolare alla sesta giornata, collezionando buone prestazioni, soprattutto per essere un difensore esordiente in serie A nella retroguardia di una squadra Zeman. Arrivati quasi al giro di boa, alla sedicesima giornata, nel pareggio al Bentegodi per 1 a 1, arriva anche il primo (e unico) gol con la Lazio.
Gli alti e bassi in Campionato, le prestazioni a volte poco convincenti, le troppe sconfitte e i dissapori con la società, fanno terminare l’avventura del tecnico boemo con la Lazio il 27 gennaio 1997. Dopo la sconfitta in casa, un girone dopo sempre contro i felsinei, avviene l’inevitabile esonero, creando il precedente unico in Italia di un Presidente-allenatore; Dino Zoff è tornato l’allenatore della Lazio.
Con il tecnico friulano Mark Fish vede poche volte il campo. Saranno 140 i minuti totali giocati nel girone di ritorno, 90 dei quali nel derby del 4 Maggio 1997 pareggiato nei minuti di recupero da Igor Protti (con il dubbio del gol di Balbo forse salvato proprio da Mark Fish sulla linea) e festeggiato con il consueto “trenino”, sotto la Sud.
L’unica stagione alla Lazio di Mark Fish si conclude con 17 presenze (15 in campionato e 2 in Coppa Italia), un gol all’attivo e un prezioso quarto posto.
Nella stagione successiva viene venduto al Bolton, facendo fare alla società una plusvalenza di circa 2 miliardi di Lire. Dopo otto stagioni nel Campionato inglese (tra Bolton, Charlton e Ipswich Town), evento irripetibile per un calciatore sudafricano narrato anche in un libro, si ritira a seguito di un grave infortunio al ginocchio.
La travagliata vita sentimentale, con due matrimoni alle spalle, i problemi economici e addirittura di droga, farebbero pensare al peggio. Mark Fish invece, da sempre legato alla lotta per i diritti civili e contro la discriminazione razziale (risulta essere attualmente iscritto all’ANC), decide di dar vita ad una fondazione per aiutare i bambini poveri del Sudafrica: la Mark Fish Foundation.
Dopo aver collaborato con il Ministero dello Sport Sudafricano per l’organizzazione dei mondiali del 2010, supera anche un grave problema di salute, continuando a dedicarsi al calcio grazie alla beneficenza e perseguendo il suo nobile scopo nel vivido ricordo di Nelson Mandela.