di Arianna MICHETTONI

Con quel pezzo di candito ancora incastrato tra i denti – c’è davvero chi mangia il panettone? – e quella voglia un po’ bisogno che il 2017 passi è inevitabile, sospirando, volgere lo sguardo al passato – e a tutto quello che non si è fatto, come ad esempio comprare il pandoro.




I buoni propositi, quelli che a gennaio scintillano sotto la luce del sole del nuovo anno, e sul riverbero del rettangolo di gioco sono ancora nuovi finché non vengono calpestate dai tacchetti; i buoni propositi, quelli un po’ urlati tra spogliatoio e allenamenti, quelli che, lavagnetta in mano, spiegano schemi e marcature che poi saltano col Var, col fischio dell’arbitro. Se di buon proposito trattasi la vittoria del campionato da parte del Napoli, di buon proposito è altresì la salvezza del Crotone – tutto però è opinabile se Babbo Natale non impacchetta la giustizia sportiva.




E mentre la Lazio ha il buon proposito di battere l’Inter che si spera non spari gli ultimi botti di Capodanno, vi è la certezza che a leggere nei cuori del Benevento vi sia un’unica, assoluta richiesta: che il buon 2018 porti dei punti, ecco, non dei punti di sutura, no. Punti dall’orgoglio, punti sul vivo, pungolati da quell’adagio secondo cui chi fa qualcosa il primo dell’anno poi lo fa tutto l’anno. E allora il riferimento è alla Juventus, che non importa i mesi segnati dal calendario ha sempre abituato alla vittoria, nonostante il cumulo dei giorni porti tutti, inevitabilmente, a perdere qualcosa. Il Sassuolo ha infatti perso il suo allenatore, che siederà sulla panchina opposta – o, metaforicamente, sulla sponda del fiume, e chissà che ora i neroverdi non abbiano l’amor proprio del rimpianto; il Milan ha perso milioni e milioni di euro (col consiglio, ai milanisti, di verificare che la testa resti attaccata sul collo per non perdere anche quella).




E se invece si seguisse il naturale scorrere degli eventi, si saprebbe che per tutto ciò che va qualcosa viene in cambio: è arrivata la Spal, foriera di spirito battagliero, dando lezioni sull’affrontare delle stagioni; molto meno il Verona – non arrivata, certo, ma tornata perché forse è vero, allora, che tutto torna.

Se lo spirito festivo smussa lo spirito calcistico, tanto che qualcuno interromperà la tombolata e non urlerà “ambo!” al primo estratto ma “doppietta!” al primo gol; se la nuova formula del campionato impedisce a Lucas Leiva di trascorrere le vacanze in Brasile (citazione doverosa); se le mogli sono più che affrante dal marito allo stadio e non a comprare lenticchie e cotechino; se il calcio non è più quel fuoco d’artificio che esplode e meraviglia i presenti, che nulla impedisca, però e tuttavia, allo scoccare della mezzanotte di portare nel nuovo anno ciò che non conosce la ferocia dei morsi del tempo: l’amore per la propria squadra, che resiste allo scorrere della clessidra.



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