Quest’oggi Ciro Immobile ha risposto alle domande degli studenti presenti all’Istituto Gesù-Maria di Via Flaminia, 631.




“Per me è bello che ci siano due squadre in una città. C’è una bella rivalità ed è avvincente giocare il derby, solo però quando si incontrano sportivamente due squadre forti e due tifoserie che sostengono colori diversi. Non bisogna superare i limiti, altrimenti si cade nella volgarità e nella violenza.

All’inizio, da bambino, ho iniziato a giocare nei campi più piccoli, poi quando ho iniziato a giocare nei grandi stadi mi sono sentito sempre più piccolo in proporzione. Quando entravo in qualsiasi campo provavo, allo stesso modo, belle emozioni.

Non avevo un grande rapporto con la scuola. Ci dovevo andare perché i miei genitori erano molto esigenti in questo senso. Mia madre, se non andavo a scuola, mi impediva di andarmi ad allenare. Quando ci andavo, però, stavo molto bene con i miei compagni di classe.

L’avversario più forte che ho incontrato finora è stato Leonardo Bonucci. Lo sport è molto importante, quello che pratichiamo noi è molto bello: ci dà la possibilità di condividere ogni emozione all’interno di uno spogliatoio. Da quando sono arrivato alla Lazio, essendo io un calciatore che si lega molto ai colori, ai tifosi, alla città, la squadra è diventata progressivamente per me come una famiglia; vedo più i miei compagni che mia moglie e le mie figlie. Sono sempre al Centro Sportivo.

Non è stato difficile ambientarmi, ho trovato dei bravi ragazzi che giocavano insieme da un po’. E’ un bello spogliatoio, il gruppo è giovane e non è stato difficile entrare a far parte della squadra. E’ bello essere conosciuti, soprattutto dai bambini. Le mie piccole si chiedono perché alcune persone mi chiedano di farsi foto con loro. Mi emoziona molto questo, mi piace trasmettere qualcosa alle persone. Noi calciatori siamo acclamati grazie ai nostri tifosi.

Il doping è qualcosa di sbagliatissimo, non è rispettoso nei confronti degli altri atleti e di chi guarda lo sport”.




Successivamente, a margine dell’evento, il centravanti biancoceleste è intervenuto ai microfoni di Lazio Style Channel, 233 di Sky.

“Le mie figlie vengono qui a scuola. Questa è un’ iniziativa che fa onore alla Lazio e al Presidente. Si deve partire dai più giovani, sono il futuro della nostra società. Abbiamo parlato di valori importanti con i ragazzi, complimenti al club per questo progetto.

 I bambini erano molto preparati e hanno fatto domande molto interessanti che hanno approfondito diversi temi, dal razzismo alla rivalità con la Roma. Ci sono state domande importanti, simpatiche ed alcune anche difficili. Hanno dei bei colori addosso (il bianco e il celeste, ndr), stanno crescendo bene.

Lunedì incontreremo una squadra forte con giocatori importanti, siamo carichi dopo la vittoria di Pescara e ora abbiamo l’opportunità di dare continuità a questa grande stagione davanti ai nostri tifosi”.




Bastos Quissanga ha risposto a numerose domande poste dagli alunni dell’Istituto Gesù-Maria di via Flaminia 631, a Roma.

Essere un calciatore vuol dire anche sacrificarsi, lasciando la famiglia e gli amici. Abbiamo rinunciato ad alcune cose da adolescenti per diventare dei calciatori. Ci vuole anche un po’ di fortuna, è importante che le doti vengano osservate da esperti affinché, attraverso appunto il sacrificio, si possa realizzare il sogno di diventare un calciatore. Quando sono sceso in campo per la prima volta ho sentito una nuova energia: quella che scaturiva dalla realizzazione del mio sogno. Higuain è l’avversario più forte che abbia mai affrontato. Lo sport è passione, voglia di stare insieme, il piacere di farlo soprattutto con gli amici. Quando si vince, è tutto bello, ci si sente bene e importanti. Non si pensa agli avversari che invece escono sconfitti del campo. Quando si vince, la gioia prevale su ogni altro tipo di sentimento. Capita di sbagliare durante la partita e gli spettatori possano rumoreggiare: la cosa giusta è prendere questi mugugni come incentivo per fare meglio. Ho avuto dei momenti nei quali ero triste ma mai niente e nessuno mi ha fatto pensare di smettere di lasciare il calcio, che è la mia vita”.




Ivan Vargic ha risposto alle domande degli alunni presenti all’Istituto Gesù-Maria di via Flaminia 631, a Roma.

Ero tifoso di un calciatore in particolare, il portiere croato Pletikosa. Tra i portieri italiani stimo molto Buffon e Peruzzi. Vengo da un piccolo posto, nel quale ci conoscevamo tutti. La prima volta che sono entrato in un campo a 11 ho provato una grande emozione. La possibilità di potersi esprimere davanti ai miei amici mi dava una gioia particolare. Ero contento, partita dopo partita, di poter fare qualcosa che potesse far felici i miei amici, che per me sono molto importanti. L’avversario più forte che abbia mai affrontato è Lacazette del Lione. Per me lo sport è un insieme di emozioni, tutte forti: le principali sono gioia e tristezza. Felicità perché quando faccio una buona partita e la squadra vince sono soddisfatto di me stesso e dei compagni e conscio di aver contribuito al successo e alla gioia di tante persone. Provo tristezza, invece, nel caso di una sconfitta perché non ho dato gioia ai tifosi e agli amici”.

(fonte: sslazio.it)




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