Roma Sparita Football Club: sarà questo il titolo del libro di Maurizio Martucci dedicato al calcio capitolino e ai suoi albori. Un volume che cercherà di far luce anche su una questione che da oltre un anno appassiona i tifosi biancazzurri: lo Scudetto 1915 e la possibile assegnazione ex aequo con il Genoa. Nel libro ci sarà un capitolo dedicato alla rivendicazione dell’avv. Gian Luca Mignogna, che ha portato alle 33.000 firme raccolte nella petizione arrivata fino al Consiglio Federale. Le ricerche di Martucci sembrano portare però nuova acqua al mulino biancazzurro, con le ombre sul titolo rossoblu che si moltiplicano cosiderevolmente.

Anno 1921: le contestazioni dei ribelli nella scissione più drastica nella storia della Federcalcio. La ricomposizione dello scisma e il riavvicinamento tra le fazioni contendenti nella trattativa coi separatisti della Confedercalcio. In mezzo, la risoluzione dell’enigma del titolo vacante della Grande Guerra nella postuma assegnazione arbitraria al Genoa. Decretata con l’esclusione della Lazio, estranea ai giochi di potere del pallone. E’ questa l’inedita pista investigativa seguita dallo scrittore d’inchiesta Maurizio Martucci che spiega il giallo dell’ancora conteso scudetto del 1915, inserita nel libro in uscita a Settembre dal titolo ‘Roma Sparita Football Club. La storia sconosciuta del calcio capitolino. Dal 1892 ad oggi. Dall’Association seminaristica al Foot-Ball ginnico-scolastico. Con l’enigma delle fondazioni: la genesi massonica della Lazio e la fusione fascista della RomaUrbone Publishing.

Membro della Società Italiana di Storia dello Sport, ideatore e già Direttore della Biblioteca del Calcio e del Festival Nazionale della Cultura del Calcio, giornalista, scrittore e autore di numerosi saggi di inchiesta sui fenomeni legati alla storia del calcio (tra gli altri, il libro scomodo sull’omicidio di Gabriele Sandri, il vivo racconto di Vincenzo Paparelli e la verità sui silenzi avvolti nell’uccisione di Luciano Re Cecconi) l’ultima fatica di Maurizio Martucci svela la storia sconosciuta del calcio capitolino, smascherando le oscure trame di potere dietro l’aggiudicazione ‘a tavolino’ del tricolore al Genoa, a svantaggio di una Lazio centro-meridionale estranea alle trattative tra i grandi club del Nord.

Il Presidente della FIGC di allora – sostiene Martucci – era l’aristocratico sabaudo Carlo Montù: con troppo fretta nel 1915 sospese ab libitum gli ultimi 90 minuti di gioco per l’ingresso dell’Italia nel conflitto contro gli austro-ungarici, quando altre federazioni proseguirono invece, ultimandole, le attività nel podismo, ciclismo e ippica. Lo stesso Montù nel 1919 era anche il Presidente del CONI, organismo in cui – tra le altre – era associata la Federazione Ciclistica: ebbene proprio in quell’anno (secondo una prima teoria storiografica) la Federcalcio iscrisse il Genoa nell’Albo d’Oro, tra le poteste di un giovane Vittorio Pozzo (dirigente e allenatore del Torino), quando intorno al tavolo dello stesso CONI retto da Montù sedeva pure l’imprenditore italo-scozzese George Davidson, che oltre ad essere il Presidente della Federciclismo lo era – combinazione – anche del Genoa. Il caso di un evidente conflitto d’interessi tra Montù e Davidson per l’ipotesi di un favoritismo ad esclusiva trazione ligure, è sostenuto dalle vibranti lamentele inscenate in quegli anni dalle formazioni del centro-sud: accusarono i dirigenti federali di snobbarle, additati di alimentare antisportive disparità territoriali. Nonostante la retorica risorgimentale rinnovata dopo l’ecatombe di Caporetto, evidentemente lo spirito unitario della breccia di Porta Pia non albergava nella sede centrale della FIGC di stanza a Torino.

La mia interpretazione – continua lo scrittore Martucci – si rafforza con un’ulteriore e per certi versi ancor più eclatante pista indiziaria risalente al 1921, nell’anno in cui la storiografica genoana (con l’avallo degli storici dalla Fondazione Genoa 1893) vuole il conferimento definitivo dell’ancora vacante titolo 1915. Anche qui ho stanato un conflitto d’interessi troppo grande per passare inosservato. Infatti nella stagione 1921/22 il calcio italiano si trovava nel mezzo del più grande scisma della sua ultracentenaria storia, culminato nella scissione tra FIGC e CCI (Confederazione Calcistica Italiana). Volete sapere chi era alla guida dei ribelli? Proprio l’ex presidente, socio e fondatore del Genoa Edoardo Pasteur! E fatto ancor più anomalo è che la fazione degli scissionisti cominciò ad indietreggiare, ripiegando sui propri passi assaporata la vittoria ideale sulla retrograda linea federale, tra il 20 Novembre 1921 e il 7 Dicembre 1921, siglata la pace a Brusnengo, prima del cosiddetto Compromesso Colombo. Quando la FIGC del vercellese Luigi Bozino premiò il Genoa di Davidson e Pasteur, consegnate ai foot-ballers reduci e superstiti dalla guerra le medaglie e il titolo nella cerimonia ufficiale d’investitura tenuta l’11 Dicembre 1921 in un ristorante della città portuale. Non può essere un’altra coincidenza. Anzi: ritengo che sia molto probabile che sul piatto della bilancia della riconciliazione tra FIGC e CCI venne inserito una sorta di baratto, un tacito accordo tra le parti culminato anche nella donazione del tricolore più anomalo della storia del calcio italiano. Come se dalla pace si potesse sanare anche una vecchia polemica pendente!

Infine c’è pure spazio per una questione morale, di un problema di opportunità politico sportiva non da poco conto. Infatti da alcuni anni quel Genoa squadrone e temuto (certamente forte, si, è innegabile!) si trovava nell’occhio del ciclone, subite alcune condanne plurime per la condotta di operazioni sleali, culminate negli scandali dei cosiddetti ‘atti di professionismo’, cioè l’acquisto di foot-ballers vietato da Regolamento e spirito dilettantistico decoubertiniano del tempo. Mi riferisco agli illeciti Fresia, Santamaria, Sardi, Berardo e Swift: l’accusa mosse contro il ‘creativo’ presidente-imprenditore George Davidson, evidentemente scaltro nel maneggiare il calcio dilettantistico in altra modalità. Il Genoa nel 1914 rischiò persino la radiazione, sventata dalla retorica dell’abile difesa di Edoardo Pasteur, lo stesso che poi ritroviamo al centro della trattativa che ricompose l’emorragia dei transfughi dalla Federcalcio nel 1921, quando il Settimo Sigillo rossoblù entrò nel palmares genoano, defraudata la Lazio di Fortunato Ballerini e Guido Baccani di qualsiasi diritto sportivo maturato sui campi del Girone Finale dell’Italia Centrale.

Proprio perché carente di riferimenti giuridico sportivi – si domanda Maurizio Martucci – mi chiedo: fu decisione saggia e oculata quella di premiare l’immorale Grifone del mercato nero, il sodale recidivo, all’epoca il più sanzionato per conduzioni illecite, andando a discapito di compagini centro-meridionali ossequiose delle decoubertiane direttive federali?”.

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