di Fabio BELLI

Dormite con la luce accesa, spegnete la luce, accendete le lampadine: gli striscioni post-derby laziali hanno fatto discutere, come sempre quando la Lazio batte la Roma in una stracittadina e si scatenano le reazioni isteriche e infantili di chi proprio non sa perdere.




Di sicuro, chi ha trovato troppo forte e intollerabile l’ormai famoso “sfottò dei manichini”, dovrebbe riflettere sull’ennesima scritta comparsa sui muri di Roma (non con uno striscione tolto pochi minuti dopo, ma imbrattando orrendamente una proprietà pubblica che andrà ripulita con i soldi di tutti) che offende la memoria di Vincenzo Paparelli. Padre di famiglia morto allo stadio nella maniera più assurda possibile… ma queste parole ormai hanno perso ogni significato, per quante volte sono state ripetute inutilmente.




Un giornalista Rai molto in vista si è addirittura piccato per lo striscione apposto il 26 maggio, perché era “scrivere sulle pareti di un cimitero” a suo avviso. Eh no, quello striscione è stato rimosso pochi minuti dopo, così come manichini e altre amenità varie. Delle scritte che da quel maledetto 28 ottobre 1979 sfregiano la Capitale, non si dice nulla, mai mai mai nulla. Anzi, c’è anche chi si diverte a scherzarci a livello nazionale. Ma anche in quel caso, nessun commento, a parte quelli dei laziali: Altro che spegnere o accendere la luce: a Roma l’unica cosa che si accende o spegne a intermittenza è l’indignazione.




Non solo, in pochi ogni tanto provano a prendere le distanze parlando di azioni isolate: la galleria che segue vuole far capire quanto nel corso degli anni questa pratica sia stata frequente e odiosa. Per un laziale, l’unica risposta possibile è battere ancora la Roma sul campo e assistere a nuovi travasi di bile, che durano mesi finché ai ragazzini viziati non viene restituito il giocattolino di un derby vinto. Per un cittadino romano, di qualsiasi sponda calcistica, non c’è rimedio possibile per questa vergogna ormai quasi quarantennale.




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