“Dalla scuola allo stadio, il modo giusto per sostenere lo sport”. L’iniziativa promossa dal club biancoceleste è tornata tra i banchi di scuola. Quest’oggi tre esponenti della S.S. Lazio, accompagnati dal Team Manager biancoceleste Maurizio Manzini, dall’Aquila Olympia e dal falconiere Juan Bernabè, hanno fatto visita all’Istituto Comprensivo Angelica Balabanoff, via A. Balabanoff, 62, Roma. Con gli studenti, i calciatori biancocelesti hanno affrontato svariati temi, focalizzando la discussione sulla promozione della formazione della cultura sportiva, sulla diffusione dei principi legati ad una crescita psico-fisica sana, leale e non violenta, che educhi gli adulti del domani a comportamenti rispettosi dell’avversario e delle istituzioni.




Proprio il Team Manager Maurizio Manzini ha introdotto l’iniziativa: “Quando veniamo a trovare le scolaresche e realtà come questa veniamo ringraziati. Siamo noi che dobbiamo ringraziare questi ragazzi; quando veniamo a trovarli noi ci immergiamo in questa atmosfera che viene creata dai sogni degli studenti e percepiamo la forza e l’entusiasmo che scaturiscono dalla loro gioventù. Noi assorbiamo queste energie e, fortificati da questi sentimenti, la domenica le riversiamo in campo. Non è un’espressione di comodo, ma le prossime gare, e ci auspichiamo anche le prossime vittorie, matureranno anche grazie al contributo di questi ragazzi”.

Tante le domande dei bambini al falconiere Juan Bernabè, curiosi di conoscere tutti i segreti del simbolo della Lazio, Olympia.

“La Lazio aveva come simbolo un’Aquila e un tifoso a Lisbona mi disse che era stato bellissimo assistere al volo di Olympia; io gli promisi che avrebbe volato anche a Roma. Poi Manzini è stato gentilissimo con me e mi ha portato nella Capitale.

L’Aquila è simbolo di forza, di potere e della storia della romanità. Anche le legioni romane erano rappresentate da questo simbolo; in questo modo nasce la storia di Olympia all’interno della Lazio.




Il Centro Sportivo di Formello è molto tranquillo e lì Olympia sta molto bene. E’ molto importante questo per lei e, allo stesso momento, per l’Aquila è fondamentale anche la nutrizione. L’allenamento non è facile tecnicamente e, per la riuscita del volo la domenica, è importante che quest’ultimo sia costante. Nel giorno della partita è importante che Olympia non senta paura. In ogni match l’Aquila incontra una difficoltà diversa, ma dal momento in cui parte dall’alto, io non posso fare più nulla: da quando spicca il volo è lei la protagonista”.

Questa mattina Wesley Hoedt ha risposto alle domande degli studenti presenti all’Istituto Comprensivo Angelica Balabanoff, via A. Balabanoff, 62, Roma.

“Quando gioco la domenica non sono in ansia, ma dal momento in cui scendo in campo per il riscaldamento mi concentro sul match e provo a dare il massimo. Arrivare in prima squadra per un giocatore è il massimo. Prima della partita siamo in ritiro a Formello e mangiamo tutti insieme sia alla vigilia che nel giorno della partita.

Durante la settimana alcune volte pranziamo tutti insieme, ma spesso mangiamo a casa. Da bambino sognavo di rappresentare il mio paese, ho lavorato per questo fino ad ora. Sono felice di giocare per la mia Nazione, è la cosa più bella che si possa fare da calciatore”.

Successivamente, a margine dell’evento, il difensore biancoceleste è intervenuto ai microfoni di Lazio Style Channel, 233 di Sky.

“E’ sempre bello essere qui con i bambini, anche i piccoli laziali sono fondamentali per noi. Lo sport è importantissimo, poco fa ho visto su Instagram una foto che mi ha ricordato il passato; 10 anni fa le mamme dovevano uscire di casa per recuperare i figli che giocavano a calcio, ora sono tutti dentro casa a giocare con i video game. Noi siamo qui per promuovere lo sport, è importante sotto ogni aspetto.

Questa settimana è incredibile per me, prima abbiamo vinto a Bologna, poi c’è stato il mio compleanno e poi ho saputo di esser stato pre-convocato dalla Nazionale. Sono felicissimo, per me è importante fare benissimo con la Lazio poi penserò alla Nazionale Oranje. In Italia gli attaccanti sono fortissimi, abbiamo già giocato contro Belotti. Siamo sulla buona strada, se continueremo a giocare così possiamo mantenerci nell’alta classifica”.




Quest’oggi Cristiano Lombardi ha risposto agli alunni presenti all’Istituto Comprensivo Angelica Balabanoff, via A. Balabanoff, 62, Roma.

“Sono andato via di casa a 14 anni, la mia prima esperienza fuori casa l’ho fatta a Siena nell’anno nel quale ho anche iniziato le scuole superiori: avevo optato per ragioneria. Per me si trattava di una situazione completamente nuova sia a livello personale che calcistico e scolastico. Poi sono tornato, sono approdato alla Lazio e facevo avanti e indietro da Viterbo. L’impegno con la scuola era complicato, ma avevo promesso ai miei genitori che mi sarei diplomato e ci sono riuscito: andavo a scuola, pranzavo al volo per poi andare a Formello ed allenarmi. Erano rari i pomeriggi nei quali uscivo o mi divertivo. L’impegno era duro e costante”.

Al termine dell’evento, l’attaccante biancoceleste è intervenuto ai microfoni di Lazio Style Channel, 233 di Sky.




“Questo evento è molto importante. Avvicinarci ai bambini è fondamentale, tutti noi abbiamo avuto gli stessi sogni di questi ragazzi. E’ un’iniziativa stupenda, ho due sorelline più piccole che rappresentano la mia vita e quando sono con i più piccoli rimango sempre colpito dai loro sogni.

Io, Marchetti e Hoedt abbiamo fatto capire ai ragazzi presenti quest’oggi che con forza, sacrificio e voglia ogni risultato si può ottenere nella vita. Penso che oggi siamo riusciti a tramandare questo messaggio. Siamo più squadra, abbiamo avuto l’impressione di questo a Bologna. Dopo aver vinto il derby tutti ci aspettavano per la gara di campionato e, in quest’ultima, abbiamo dato un segnale di maturità; siamo una squadra pronta ad affrontare due mesi intensi.

Inzaghi per me è tutto, gli dovrò la mia carriera. Mi ha preso da basse categorie e credo di averlo ripagato sul campo. Il mister ha lavorato molto sul gruppo, siamo giovani, spensierati e non guardiamo alla classifica; abbiamo solo voglia di raggiungere obiettivi importanti. Anche io non credevo di poter giocare in Serie A, non mi ci vedevo. Ero scettico, ma le persone che hanno creduto in me, il mister e mio padre su tutti, mi hanno dato una forza in più. Nel calcio non deve mai mancare la voglia di sacrificarsi e di volersi migliorare, in un mondo così veloce, altrimenti, non si riesce a stare al passo”.

Quest’oggi Federico Marchetti ha risposto agli alunni presenti all’Istituto Comprensivo Angelica Balabanoff, via A. Balabanoff, 62, Roma.




“Prima delle partite, c’è un menù specifico: pasta in bianco con eventuale sugo da condire, poi per secondo si può poi scegliere tra bresaola o petto di pollo. Patatine fritte? Meglio evitare! Dobbiamo stare attenti.

Se non avessi fatto il calciatore, avevo scelto di studiare ragioneria linguistica: mi sarebbe piaciuto diventare un animatore in un villaggio turistico straniero o fare l’interprete: comunque un lavoro dove c’è un aspetto linguistico da curare.




Per diventare un calciatore, i sacrifici da fare sono tanti, soprattutto da giovani. Sono andato via di casa a 14 anni, mi sono trasferito a Torino, dove ero in un convitto con altri ragazzi che venivano da tutta Italia. La vita era schematica: sveglia alle 7:00, si andava a scuola poi si rientrava a casa, c’era una famiglia che ci dava mangiare, un pranzo veloce poi allenamento e la partita il sabato o la domenica in base alle categorie. Fino a 17-18 anni è stata dura perché ero lontano da famiglia, amici e affetti poi, crescendo, ho capito che potevo svolgere questa professione e i sacrifici diventano altri, come i duri allenamenti. Crescendo si avverte meno la lontananza ma a volte capita di lasciare luoghi dove si è stati bene”.

(fonte: sslazio.it)




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